Operai, giornalisti, accademici, movimenti sociali… Tante le voci a confronto nel V Incontro internazionale dell’Economia delle lavoratrici e dei lavoratori, che si è svolto a Punto Fijo, in Venezuela, a fine luglio.

Per cinque giorni, in uno spazio aperto e plurale, completamente autogestito e autofinanziato, donne e uomini provenienti dai cinque continenti hanno raccontato la loro esperienza: sfide, analisi e risposte alla crisi strutturale del capitalismo.

Brendan Martin è arrivato da Chicago, dove gli operai hanno recuperato una fabbrica di porte e finestre, trasformata nella cooperativa autogestita New Era Windows: con la loro tenacia e anche grazie al supporto internazionale della Ong The Working World, che aiuta le imprese recuperate a reperire fondi.

Rappresentanti delle università autonome di alcune città del Messico, hanno parlato di nuove forme di sindacalismo e della lotta degli studenti, pagata a caro prezzo. E hanno ricevuto la solidarietà dei partecipanti, espressa nel documento finale.

“Un testo a problematica aperta che risponde allo spirito dell’incontro, unitario ma non dogmatico, e mette le basi per il prossimo confronto internazionale, fra due anni”, spiega l’antropologo argentino Andres Ruggeri.

Si deve al lavoro del programma che dirige alla Facoltà Aperta di Buenos Aires l’idea di questo ciclo di incontri internazionali, iniziato proprio in Venezuela su invito di Hugo Chavez, nel 2005.

Abbiamo cominciato a lavorare con le imprese recuperate dopo la grande crisi del 2001 – dice ancora Ruggeri – con una visione più politica che accademica. Vogliamo capire come può l’economia dei lavoratori autogestita essere un’alternativa vera al sistema capitalistico”.

Pur rimanendone all’interno e senza cambiamenti di sostanza nella struttura dello stato? “Questa, appunto, è la grande discussione. All’inizio, occupare è stata una strategia di sopravvivenza alla crisi. Ora, c’è chi pensa, insieme a una parte del governo, che le cooperative possono trasformarsi in imprese ed essere assorbite dal sistema, diventarne funzionali. Bisogna guardarsi dalle astrazioni inutili. La realtà è quella del sistema di accumulazione capitalista, che a un certo punto può arrivare a distruggere queste nuove esperienze. Ma, intanto, si crea una nuova coscienza, si prefigurano nuove forme economiche. Dall’esperienza pratica si produce anche teoria. L’idea base dell’incontro è questa: riflettere su quel che sta nascendo e non sui massimi sistemi. Non a caso, la proporzione fra accademici e operai, che prima era di 80 a 20, ora si è invertita: aumenta il confronto concreto”.

Fra i temi dell’incontro, anche quello del lavoro precario, informale o servile. Un’alternativa concreta, la sta costruendo la rete Cestara, in Argentina, che federa cooperative e piccole imprese augogestite, composte da figure che non hanno rappresentanza sindacale né un vero statuto amministrativo.

Per loro, ha parlato Rodolfo, raccontando anche l’esperienza di un bar alternativo chiamato “Lo de Nestor”: Nestor che sta per Nestor Kirchner, “il presidente che, per primo, ci ha dato una grossa mano e ha lasciato la sua impronta indelebile nel paese”.

Dall’Italia, hanno partecipato rappresentanti della fabbrica recuperata di Milano RiMaflow e delle Officine Zero di Roma. Ma sono arrivati a Punto Fijo anche dalla Francia, dalla Spagna, dall’Olanda.

Dalla Grecia non ce l’hanno fatta, ma alla resistenza del popolo greco e a quella dei kurdi, il documento finale ha espresso solidarietà.

Solidarietà anche alla piccola ciurma del manifesto, che ha condiviso il tavolo sull’informazione alternativa con due esperienze di media autogestiti in Argentina: La Masa, di Rosario, raccontata da Manolo Robles, e El Diario del Centro del Pais, a Cordoba, diventato Diario de Villa Maria dopo la piccola-grande avventura del recupero della testata ad opera dei suoi lavoratori.

Con precisione e poesia, Sergio Stocchero, giornalista e documentarista, ha raccontato l’esperienza nel film El barquito de papel, che ha già ricevuto premi e menzioni in America latina.