Ha parlato perfino di «politica industriale» il ministro Giancarlo Giorgetti nell’annunciare «il miliardo per otto anni per il settore automotive» venerdì sera in conferenza stampa assieme a Mario Draghi.

In realtà siamo di fronte a un semplice stanziamento – e già si vocifera che per il 2022 sarà abbassato a 800 milioni – senza alcun dettaglio su come verrà utilizzato. Lo stesso testo del decreto precisa infatti che «entro 30 giorni dall’entrata in vigore i criteri e le modalità di riparto delle risorse saranno stabiliti con uno o più decreti del presidente del consiglio (Dpcm) su proposta del Mise di concerto del Mef e del Mite» guidato dal ministro Roberto Cingolani.

INSOMMA, NESSUN «PIANO» definito. Anche perché la sola riunione tenuta a palazzo Chigi il 9 febbraio con il sottosegretario Roberto Garofoli tra Cingolani, Franco e Giorgetti fu autodefinita un semplice «brain trust», «consorzio di cervelli» preliminare chiusa con l’annuncio di una nuova riunione entro dieci giorni che non si è mai tenuta.

Con il mercato dell’auto in Italia che a gennaio ha segnato il dato peggiore da 22 anni e 73 mila posti di lavoro a rischio certificati da imprese e sindacati insieme, l’unica notizia data da Giorgetti è che gli incentivi alla rottamazione di auto non riguarderanno solo le auto elettriche bensì anche le ibride e, volontà dello stesso ministro leghista, anche i modelli diesel e metano meno inquinanti: la soglia fissata è di 135 grammi di anidride carbonica per chilometro. Il tutto alla faccia della transizione verde.

Spariti nell’ultima legge di bilancio, gli incentivi alla rottamazione dunque dovrebbero tornare per Giorgetti nella stessa formula del 2021: 6 mila euro per le auto che producono fino a 20 grammi di CO2 per km; 2.500 euro per quelle fino a 60 grammi e 1.250 per quelle sopra questa soglia fino a 135 grammi di inquinamento per chilometro. Ma Cingolani sarebbe contrario.

NIENTE È DECISO sul lato dell’offerta: si è parlato tanto di incentivi alle fusioni di aziende ma per ora i soli soldi pubblici erogati sono i 369 milioni regalati a Stellantis per riconvertire la fabbrica di motori di Termoli in «gigafactory per la produzione di batterie elettriche» mentre Elkan e gli Agnelli hanno appena sottoscritto un vantaggioso «ravvedimento» con l’Agenzia delle entrate per lo spostamento di sede in Olanda di Exor e Giovanni Agnelli Bv per un totale di 949 milioni rispetto a un mancato pagamento di tasse per svariati miliardi dal 2014 a oggi.

Tanto è comunque bastata perché ieri arrivasse a Giorgetti e al governo il peana di Anfia, l’Associazione della filiera industria automobilistica, categoria di Confindustria. «La filiera automotive ringrazia il presidente del Consiglio Mario Draghi, il ministro dello Sviluppo Giancarlo Giorgetti e tutto il governo. Le risorse stanziate dal governo nell’ambito del decreto Bollette sono il segnale che la filiera industriale automotive attendeva da tempo per affrontare la transizione produttiva verso la mobilità a bassissime emissioni». Anfia era stata la prima a chiedere interventi e ora applaude a un piano che non esiste. Per salvare la faccia, il comunicato si conclude ribadendo di «restare a disposizione del governo e dei ministri competenti per far sì che gli sforzi profusi oggi dal paese possano raggiungere la valorizzazione massima degli obiettivi di sostenibilità e competitività».

SILENZIO TOTALE INVECE da Federmeccanica e Fiom. Giorgetti era riuscito nel miracolo di riunirli in documento molto duro che chiedeva a palazzo Chigi – e non al Mise – di convocarli per discutere le urgenti misure per salvare la filiera e 73 mila posti di lavoro. La convocazione non è mai arrivata. Probabile che il commento arrivi mercoledì quando Federmeccanica con il suo presidente Federico Visentin farà un altro passo «epocale»: parteciperà a Torino all’assemblea della Fiom «Safety car». Fra i presenti anche il ministro del Lavoro Andrea Orlando: un altro che ai vertici sull’automotive del governo non è mai stato invitato.

Parla invece la Fim Cisl e continua a chiedere che tutte le parti sociali siano convocate a palazzo Chigi per discutere come usare le poche risorse previste: “Una prima valutazione positiva rispetto a quanto previsto nella bozza di decreto – commenta il segretario generale Roberto Benaglia – . Le risorse che vengono messe nel fondo hanno però il bisogno di essere incrementate rapidamente. Per dare gambe alle intenzioni dichiarate rinnoviamo la richiesta al presidente Draghi di una sollecita convocazione delle parte sociali”.