Un paese in bilico, sospeso davanti al bivio tra Hofer e «hope», tra un presidente della repubblica che proviene dall’estrema destra, si tratterebbe del primo caso in Europa, e la speranza in una «Revolution of hope & change» come la chiama il saggista Robert Misik.

«È assurdo e paradossale che entrambe le cose così diametralmente opposte siano possibili« dice Misik, autore di Kaputtalismus, morirà il capitalismo? (2016), suo ultimo libro. Domenica, giornata dell’attesissimo ballottaggio per eleggere il nuovo presidente della repubblica si capirà meglio in che direzione gli austriaci vorranno andare.

Stavolta niente sondaggi, i vari istituti visti le previsioni errate del primo turno e i troppi fattori di incertezza non li hanno pubblicati. In campo i due candidati, non appartenenti per la prima volta ai due ex grandi partiti tradizionali, il quarantacinquenne Norbert Hofer, la faccia sorridente e gentile della xenofoba Fpoe, partito guidato dal defunto Joerg Haider . Era stato fondato nel lontano 1955 come partito di raccolta degli ex nazisti, un’origine che a tutt’oggi pesa. Vice del segretario H.C. Strache, Hofer al primo turno si è piazzato in testa col 35,1% dei voti.

Il secondo, il verde Alexander Van der Bellen, 72 anni, professore di economia politica si è fermato più giù, al 21,3, uno scarto notevole. Intorno al ex capogruppo verde si è formato un vasto comitato di sostegno di artisti, scrittori, molti politici della Spoe e qualche popolare, per ultima due giorni fa si è aggiunta la candidata indipendente del primo turno Irmgard Griss. Per Hofer non si è dichiarato nessuno, ma lui se ne è solo vantato: «Lei, rivolto al concorrente, ha dietro di se tutto l’etablishment e la sinistra radical chic, io ho il sostegno del popolo e della gente comune».

In effetti la Fpoe risulta il partito più votato tra gli operai e gli strati con minore istruzione che sono anche i più colpiti dalla crisi che ha fatto salire la disoccupazione in Austria. Era fino a pochi anni fa la più bassa d’Europa, è balzata dal 4,5 al 6,2%. Hofer comunque si è inventato di sana pianta, com’è nello stile delle destre populiste, il sostegno dell’Associazione donne cattoliche che hanno smentito con rabbia, dichiarando a questo punto apertamente che voteranno per il candidato verde.

Un sostegno aperto a Hofer è venuto invece dal presidente della Repubblica Serba della Bosnia Herzegovina Milorad Dodik con un appello agli austroserbi, comunità consistente, di votarlo in quanto «amico dei serbi». Il partito di Strache soffia infatti sull’autodeterminazione dei serbi come ha già fatto su quella del Tirolo.

Il dramma è che la campagna elettorale, almeno quella televisiva di Van der Bellen non è andata bene. È apparso come un nonno stanco, con scarsa energia, troppo passivo, senza riuscire a far valere le sue doti forti di riflessione, cultura e ironia. Il professore troppo pacato è diventato più aggressivo e determinato nell’ultima fase, perdendo a questo punto anche le staffe nei confronti di un Hofer baldanzoso, addestrato come tutti i suoi all’uso della tecnica del Nlp, uno strumento efficace per distruggere il discorso dell’altro.

Oltre alla leva sulla xenofobia dosata con attenzione, a secondo il pubblico, Hofer ha dato voce alla protesta e allo scontento largamente diffusi verso il governo di coalizione tra socialdemocratici e popolari guidato da Werner Faymann, proponendosi come futuro presidente forte « vi meraviglierete che cosa potrà fare», che manda a casa il governo , se non è più gradito al presidente, o al presunto popolo.

All’istanza di protesta Van der Bellen più difficilmente poteva dare voce concependo il ruolo del presidente nei termini tradizionali sempre praticati, di figura prevalentemente di rappresentanza.
Tuttavia la bandiera della discontinuità e del cambiamento, in quest’ultima settimana è passata dalle mani improprie della Fpoe, al vertice, a Christian Kern, nuovo cancelliere e segretario socialdemocratico appena insediato, che ha tolto la scena alla campagna per le presidenziali (è subentrato dopo le dimissioni di Werner Faymann seguite al debacle elettorale del candidato Spoe e ai fischi del primo maggio ricevuti dai suoi stessi compagni di partito.

Kern, cinquantenne, ex direttore generale delle ferrovie ha cambiato quattro dei ministri socialdemocratici come segnale di nuovo inizio.
Nel suo primo discorso al parlamento ha espresso la sua rabbia per una politica diventata «ossessione del potere» e dimenticanza del futuro, di corto respiro senza pensiero , visione e progetto di società, «le persone si infiammano per dei principi e dei valori, e non per i compromessi».

Ha proposto un «new deal» per rilanciare l’occupazione. Usando un linguaggio nuovo e diretto intorno alla sua persona ha già creato un clima nuovo di euforia e grandi aspettative. Sembra contagiata persino l’economista di sinistra Mariana Mazzucato che ha tweetato che «il nuovo cancelliere austriaco nel suo primo discorso ha citato il mio libro Lo stato innovatore».
«L’euforia che Kern ha provocato e l’empatia cresciuta in questi giorni verso di lui dimostrano quanto fosse grande in Austria il desiderio di un nuovo tipo di politico» scrive il quotidiano der Standard . Ecco allora la speranza per una «Revolution of hope and change» di cui parla Misik, che potrà archiviare l’Austria dei muri, che si deciderà domenica: un presidente della repubblica verde, Alexander Van der Bellen, e il nuovo cancelliere, Christian Kern che dovrà ancora superare la prova dei fatti.