Angeli e dèmoni in Australia: ieri la popolazione del Nuovo Galles del Sud, lo Stato più colpito dagli incendi insieme al Victoria, rendeva omaggio a un vigile del fuoco morto in servizio, maledicendo i 183 sospettati di aver contribuito per dolo o per colpa all’«incendio eterno», per usare le parole del professor Steve Payne che sul Guardian ha scritto: «E’ un sintomo di una nuova era che chiamo Pirocene; gli incendi sono più frequenti e terrificanti». Per l’autore di Burning Bush: A Fire History of Australia, questo immenso e arido paese ha una cultura, una epopea, una familiarità con il fuoco e le sue vittime (ricordiamo il Black Saturday del 2009). Ma le fiamme che ardono da quattro mesi sono una calamità senza precedenti, un «avvertimento da non ignorare».

SONO 24 – HA RESO NOTO la polizia del Nuovo Galles del Sud – gli arrestati da novembre con l’accusa di aver appiccato nello Stato incendi in modo doloso (la pena prevista arriva a 21 anni), su 183 (fra le quali 40 minori) che avrebbero provocato i roghi per incuria e disattenzione, accendendo fuochi per cucinare o bruciare rifiuti, incappando comunque nei severissimi divieti in atto dall’inizio dell’emergenza incendi. Per certi politici, è una manna: sono i piromani e non i cambiamenti climatici e l’incuria governativa ad aver provocato la tragedia. In televisione un deputato ha difeso il premier Scott Morrison e ha dato della «ignorante» a una climatologa la quale rimproverava il governo di nascondere la testa sotto la sabbia.

COLPE INDIVIDUALI, COLPE dei politici, temperature estreme, siccità, venti: sarà tanto difficile ponderare le responsabilità quanto è purtroppo facile vedere i risultati: 15.000 acri, interi ecosistemi, ridotti in cenere; 25 persone morte insieme a centinaia di milioni di animali (un miliardo per il Wwf); nel nuovo Galles del Sud, si contano 1.588 case distrutte (oltre 600 solo dal primo gennaio 2020) e 653 danneggiate; 450 incenerite nel Victoria. Ma oltre 2.000 sono state salvate dai soccorritori. Di fronte a tutto questo, il sentimento degli australiani è quello espresso, ad esempio, dalle reazioni ai funerali di Andrew O’Dwyer, vigile del Rural Fire Service (Rfs) del Nuovo Galles del Sud. Molti tweet commossi che intimano al governo: «più mezzi per la prevenzione e i soccorsi antincendi»; «almeno un’assicurazione a favore di vedove e orfani dei vigili!»; «pensate finalmente ai cambiamenti climatici».

E CHIEDONO UN «PIANO nazionale» i vescovi australiani. In una nota di Mark Coleridge, presidente della Conferenza episcopale (impegnata in attività di assistenza presso le comunità più colpite) si legge: «Gli sforzi dei pompieri sono stati eroici. La resilienza delle comunità colpite è stata straordinaria. Questa risposta rappresenta il meglio dell’Australia». Del resto, i vigili del Rfs mostrano in un tweet una «foto che vale mille parole»: ripreso da uno dei loro elicotteri, il tetto di un capannone reca la scritta

«GRAZIE RFS» E POI un riposa in pace dedicato a un altro vigile morto sul lavoro.
Un lavoro che continua, per contenere l’avanzata delle fiamme. Il caldo ha concesso nelle ultime ore una breve tregua, e gli addetti ne stanno approfittando per ampliare le linee di contenimento intorno ai focolai. Si prevede che da venerdì la situazione meteorologica peggiori, dopo la requie relativa offerta da alcune piogge e dalle condizioni meno estreme. C’è il timore che si formi un megafronte di fuoco. Solo dieci chilometri separano le fiamme di Corryong nel nord est del Victoria da altri due fronti che avanzano nel Nuovo Galles del Sud. Oltretutto, ha detto Gavin Freeman della Country Fire response (Victoria), «il fango rende più scivolosa la strada dei mezzi terrestri, e quello dei mezzi aerei è reso più difficile dalle nuvole, oltre che dal fumo».

E IL FUMO È ARRIVATO, ben visibile, in Cile e Argentina. A 12.000 chilometri di distanza. Del resto lo aveva previsto il servizio meteorologico neozelandese. Si è visto soprattutto nella zona centrale del Cile, dove una nebbiolina ha coperto il cielo. E la nube di fumo ha fatto apparire il sole con toni più rossi. Si trova a 6000 metri di altitudine e per ora non fa danni fino là, questa «apocalisse», come la chiamano i vescovi ma anche il Wwf Australia. Gli incendi sono stati devastanti anche per la fauna (alcune specie rischiano l’estinzione) e sono state bruciate enormi aree di foreste e parchi. Impiegheranno decenni per riprendersi. Il Wwf chiederà al governo australiano di condurre una rapida valutazione delle specie minacciate nelle aree colpite dagli incendi, orientando i fondi verso le aree critiche.

E NON APPENA GLI INCENDI saranno domati, il Wwf nell’ambito del progetto «Verso due miliardi di alberi entro il 2030» contribuirà a ripristinare gli habitat per i koala e altri animali selvatici. Lavorerà anche per garantire che il fondo nazionale di recupero di 2 miliardi di dollari previsto dal governo federale supporti il ripristino naturale delle aree devastate dal fuoco.