Due anni. Tale è il lasso di tempo che vede una coabitazione bizzarra: il governo di Syriza e le politiche di austerità dirette dal terzo memorandum in Grecia. Chi lo avrebbe mai detto?

Il 5 luglio del 2015 in Grecia si votava in un referendum per accettare o respingere le richieste della Troika. Alla opposizione popolare contro il proposito delle istituzioni comunitarie di spremere lo Stato e la società ellenica a morte, espressa da quel voto, non è seguita una politica capace di darvi uno sbocco. Nel mese successivo il premier Tsipras, fra lo sconcerto di molti che lo avevano sostenuto, ha ceduto alle politiche di austerità ed ha indetto nuove elezioni (20 agosto 2015)

Yanis Varoufakis ha diffuso alcune anticipazioni del suo prossimo libro che uscirà a settembre. Forse un minimo di dibattito si riattiverà in merito a tale congiuntura. Sicuramente ad Atene, dove già adesso un terremoto politico si sta profilando in margine alle «rivelazioni» dell’ex ministro delle Finanze.

Già era noto dalle sue stesse ammissioni e dal libro del suo amico e collaboratore James Galbraith che era stata considerata l’eventualità di un «piano B»; a queste notizie si aggiungono tessere del mosaico, fra cui il fatto che Tsipras temesse un colpo di stato e i testi degli sms scambiati fra Varoufakis ed il premier in merito alle proposte di Schauble di uscire dall’eurozona.

L’ex ministro rivela che esistevano due piani: uno contestuale alla permanenza nell’eurozona (piano B) e uno alla uscita (piano X). Galbraith aveva già rivelato le misure da lui stesso delineate – singolarmente somiglianti a quelle suggerite dalle forze politiche più eurocritiche, considerate da molti delle bizzarre fantasie noeuro: stato di emergenza, nazionalizzazione della Banca Centrale greca, nazionalizzazione delle banche commerciali, ridenominazione di depositi nella nuova dracma o valuta similare, usata per pagare stipendi pubblici e pensioni, imposizione di controlli dei capitali, misure per garantire sicurezza pubblica e stabilità politica, ridefinizione dei termini per il pagamento del debito esterno.

L’alternativa è stata una sfilza di provvedimenti di austerità, secondo le direttive della Troika e di Schauble. Il punto di arrivo di questi due anni può essere visto da opposte prospettive.

Da un lato ci si è rallegrati del fatto che la Grecia a luglio 2017 ritorna ai mercati finanziari dal 2014 (su testate conservatrici ma persino sul Guardian!), che indicherebbe una rinnovata affidabilità sul piano dei bilanci. Ma si tratta del «privilegio» di tornare a chiedere soldi in prestito; da parte sua Varoufakis è sprezzante in merito, cita una sua intervista di aprile 2014 in cui stigmatizzava l’emissione di titoli senza una reale prospettiva per il futuro. «Non è cambiato nulla», scrive oggi.

Dall’altro lato il panorama della caduta dei salari è terrificante. Da quanto si apprende da fonti greche fra cui la autorevole rivista Khatimerini lo stipendio medio di un lavoratore di età fra 15-19 anni è di 315 euro, fra 20-24 anni 454 euro, fra 25-29 606 euro, con una perdita rispetto al livello del 2009 di -42%, -42%, -36%.

Parliamo di retribuzioni lorde. Al netto lo stipendio medio di un giovanissimo è 265,00 euro.

A novembre 2014, prima della vittoria di Syriza, Emiliano Brancaccio affermava con forza la necessità di elaborare una alternativa, un «piano B» che andasse oltre la disobbedienza ai trattati della Ue secondo quanto diceva Ferrero, allora segretario di Rifondazione comunista.

A quanto pare il piano c’era ma senza la volontà di attuarlo. La necessità di alternativa alla morsa del neoliberalismo finanziario, invece, resta. Le nuove sinistre sono avvertite.