Scompaiono i piccoli allevamenti e aumentano i capi di bestiame nei grandi. Secondo le statistiche di Eurostat dal 2013 al 2016, nei paesi Ue, sono cresciuti gli allevamenti con più di 500 capi e diminuiti quelli con meno di 20. Il tasso di concentrazione, ovvero il numero di animali per ettaro, raggiunge i livelli più elevati in Olanda, l’Italia risulta al tredicesimo posto. Una tendenza che viene confermata, nel piccolo, anche per le aziende che fanno parte dell’area della mozzarella di bufala campana Dop.

SECONDO IL DQA, IL DIPARTIMENTO Qualità Agroalimentare, ente certificatore della Dop, nel 2019 risultavano iscritti all’elenco del Piano dei Controlli della Mozzarella di Bufala Campana Dop 1.209 allevamenti, per un totale di circa 350.000 capi. Quasi la metà degli allevamenti in questione possiedono dai 100 ai 500 capi, mentre solo il 14% possiede meno di 20 animali. Quelli che superano i 500 animali sono il 9%. Gli allevamenti presenti nell’areale di produzione, riporta l’ente certificatore, si sono ridotti di circa 400 unità, negli ultimi 10 anni. La tendenza è inversa se consideriamo, invece, il numero di animali: aumentati di circa 50.000 capi. In Italia, secondo i dati Istat, i bufalini sono passati dai quasi 370 mila del 2014 agli oltre 400.000 del 2018. L’Anagrafe nazionale zootecnica, nel 2019, registrava 2.800 allevamenti, nel 2017, invece, superavano le 3.000 unità.

GLI ALLEVAMENTI DI BUFALE SI TROVANO ormai su tutto il territorio nazionale, anche al Nord. Dalla Lombardia, con 6.000 capi, al Piemonte con 3.000, dal Veneto al Friuli. L’areale di produzione della denominazione di origine protetta (Dop), però, comprende solo quattro regioni: Campania, basso Lazio, la provincia di Foggia e il comune di Venafro, in Molise. Dal punto di vista della produzione la maggior parte (il 90%) è nelle province di Caserta e Salerno.

Il disciplinare della Dop prevede l’uso di latte di bufala proveniente esclusivamente da allevamenti nell’area. Per ottenere un chilogrammo di mozzarella sono necessari circa 4 litri di latte. La produzione si concentra, in particolare, nei mesi che vanno da maggio ad agosto. I tempi sono dettati soprattutto dal consumo di questo alimento, associato all’estate e ai periodi più caldi, come conferma il professor Giuseppe De Rosa, Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli: «C’è una certa stagionalità nel consumo e quindi anche il ritmo riproduttivo dell’animale si è dovuto adattare alla richiesta del consumatore». Questo aveva ricadute dirette anche sui produttori di latte: «Molti caseifici facevano un prezzo invernale e uno estivo».

LA SITUAZIONE PER GLI ALLEVATORI è cambiata solo recentemente con l’implementazione della tracciabilità del latte di bufala, per evitare che venga mescolato con altro latte. Il prezzo è aumentato e il latte è molto richiesto. «Prima era il caseificio a farla da padrone adesso sono le aziende agricole ad avere il coltello dalla parte del manico» sottolinea il professore dell’Università di Napoli e aggiunge: «Il prezzo è passato da 1,20 a 1,40 al litro». Secondo Clal, il portale del settore lattiero caseario, il prezzo del latte di bufala destinato alla Dop nel 2020 ha toccato quota 1,55 euro al litro.

NEL 2019 SONO STATE PRODOTTE più di 50.000 tonnellate di mozzarella, in crescita rispetto all’anno precedente. L’export rappresenta una percentuale importante delle vendite, circa il 32%, nel 2017. I paesi che importano il formaggio sono: Francia, Germania, Gran Bretagna, Stati Uniti, Svizzera e Spagna. Per tutelarsi dall’effetto Brexit il consorzio ha registrato il marchio in Gran Bretagna, ottenendo la protezione nazionale. Il Regno Unito, infatti, è il terzo paese per l’esportazione della bufala Dop. Nel 2020, inoltre, è stato firmato un accordo che consente la tutela della mozzarella di bufala DOP anche in Cina.

IN ITALIA I MAGGIORI CONSUMATORI si trovano nelle regioni del Nord, dove a farla da padrone è la grande distribuzione. Da uno studio di Svimez del 2019 emerge che il fatturato delle imprese della filiera della mozzarella nel 2017 è stato pari a 577 milioni di euro e avrebbe generato un volume d’affari di 1,2 miliardi.