Nel 2021 le temperature dell’Oceano hanno segnato un nuovo record, raggiungendo i valori più caldi mai misurati per il sesto anno consecutivo. La situazione è allarmante nel Mediterraneo, che si conferma il bacino che si scalda più velocemente. L’ennesimo allarme sul fronte del cambiamento climatico è frutto di uno studio, pubblicato sulla rivista Advances in Atmospheric Sciences.

L’ARTICOLO Another record: Ocean warming continues through 2021 Despite La Niña Conditions è firmato da un team internazionale di 23 ricercatori di 14 istituzioni. Tra gli autori ci sono anche gli italiani Simona Simoncelli dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e Franco Reseghetti dell’Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA).

I ricercatori evidenziano che la variazione del contenuto termico degli oceani nel 2021 è equivalente all’energia che si otterrebbe facendo esplodere 7 bombe atomiche ogni secondo per tutta la durata dell’anno. E il nuovo record, avvertono, è stato toccato nonostante nel 2021 si sia manifestato il fenomeno conosciuto come La Niña che ha contribuito a limitare il riscaldamento nell’oceano Pacifico.

La situazione è particolarmente complessa nel Mediterraneo, con dati allarmanti che arrivano dal monitoraggio della temperatura nei mari Ligure e Tirreno, ripreso nel 2021, nell’ambito di un progetto dell’INGV, cui partecipa ENEA. «L’Oceano assorbe poco meno di un terzo della CO2 emessa dall’uomo, ma il riscaldamento delle acque riduce l’efficienza di questo processo, lasciandone una percentuale maggiore in atmosfera. Il monitoraggio e la comprensione di come evolvono nelle acque oceaniche la componente termica e quella legata alla CO2, sia individualmente che in sinergia, sono molto importanti per giungere ad un piano di mitigazione che rispetti gli obbiettivi approvati per limitare gli effetti del cambiamento climatico» sottolinea Simona Simoncelli dell’INGV.

UNA CONSEGUENZA del riscaldamento delle acque degli oceani, sottolinea l’analisi, è un aumento del loro volume e quindi del livello del mare, con ripercussioni drammatiche per gli atolli del Pacifico e stati insulari come le isole Maldive ma anche per le nostre aree costiere. Inoltre, acque degli oceani sempre più calde creano le condizioni per tempeste e uragani sempre più violenti e numerosi, abbinati a periodi di caldo esasperato in zone sempre più estese. E, tutto questo, senza considerare gli effetti biologici: l’acqua più calda è meno ricca in ossigeno influisce sulla catena alimentare, così come acqua con acidità più elevata ha effetti anche pesanti sulle forme viventi.

FRANCO RESEGHETTI dell’ENEA sottolinea come durante l’ultima campagna di rilevamento, a metà dicembre 2021, sia rimasto sconcertato e poi sempre più sconfortato dai dati che comparivano sul monitor del sistema di acquisizione: «Nel mar Tirreno trovavo l’isoterma T = 14°C quasi sempre sotto i 700 metri, talvolta anche intorno a 800 metri, valori di profondità che mi hanno sorpreso. In pratica ha iniziato a scaldarsi in modo evidente anche una zona più profonda rispetto al passato. Ho ricontrollato a lungo questi dati di dicembre con Simona Simoncelli, cercando conferme anche in dataset ottenuti da altri strumenti di misura nella medesima area e nel medesimo periodo. Ma purtroppo i nostri risultati erano in buon accordo con gli altri e l’unica conclusione è stata: c’è un nuovo record (anche se ne avremmo fatto volentieri a meno)».

L’acqua calda, rileva l’analisi, ha iniziato a invadere il Tirreno da Sud, partendo dalle isole Egadi e dalla costa nord-ovest della Sicilia. Tra gli effetti di questo calore ci sono anche gli episodi meteo estremi come le ondate di calore e i violenti fenomeni che prima erano sconosciuti in queste zone. Se guardiamo solo al 2021, alcuni esempi sono il caldo in Sicilia ad agosto, la pioggia in Liguria e i «medicanes», gli uragani del Mediterraneo a fine novembre che hanno colpito ancora in Sicilia.