Da una parte la nuova supremazia nella grande distribuzione, dall’altra il futuro di 20mila lavoratori. Come anticipato dal manifesto, la catena Auchan e i supermercati Simply – 600 punti vendita medio-piccoli, 230 supermercati e 46 ipermercati – prendono la via di Conad che con l’operazione da ben un miliardo scalza Coop come gruppo leader in Italia nella Gdo.

PIÙ DI UN MESE DI VOCI hanno portato ieri mattina alla fumata bianca. I francesi vendono tutto quello che avevano nel belpaese mai amato e il gruppo guidato da Francesco Pugliese gongola festeggiando la riconquistata italianità.

Per farlo Conad si è alleata col finanziere Raffaele Mincione – scottato dalla vicenda Carige – attraverso una newco chiamata Bdc Italia, controllata al 51% dalla cooperativa di imprenditori bolognese e al 49% da Pop18 (controllata da Wrm) con un capitale sociale di 3 milioni di euro. In base agli accordi del cosiddetto Progetto Montblanc (allo studio da diversi mesi) la società ha un cda formato da quattro consiglieri, di cui due espressi da Conad (Pugliese, presidente, e il direttore finanziario Mauro Bosio) e due da Pop18 (Raffaele Mincione, vicepresidente, e Giulio Corrado). Mincione sarà proprietario degli immobili di Auchan Retail Italia, che affitterà a Conad.

Così Conad sale dal 13 al 19 per cento della quota di mercato con un fatturato aggregato di 17 miliardi. Si tratta della fusione del secondo e quinto gruppo nella gdo in Italia (Conad 13,4 miliardi, Auchan 3,7 miliardi). Il closing è atteso nel secondo semestre del 2019, ma l’operazione deve passare un vaglio dell’antitrust tutt’altro che scontato. Restano fuori i 33 supermercati non in franchise in Sicilia né i 50 punti vendita Lillapois.

«SIAMO SODDISFATTI di aver acquisito e riportato nelle mani di imprenditori italiani una rete di distribuzione di grande valore, che sta attraversando un periodo di difficoltà ma che ha grandi potenzialità – ha spiegato l’ad Conad Francesco Pugliese -. Oggi nasce una grande impresa italiana, che porterà valore alle aziende e ai consumatori italiani».
«Una storica inversione di tendenza in un settore vitale per la valorizzazione del Made in italy agroalimentare, dopo che lo shopping straniero ha portato all’estero tre marchi storici su quattro», è il commento del presidente della Coldiretti Ettore Prandini, organizzazione ormai in piena orbita Salvini.

«Auguriamo un buon lavoro a Conad, a cui spetta un compito complesso e importante. È positivo che a rilevare un operatore estero sia un gruppo cooperativo italiano», commenta Coop: «Le cooperative di consumatori sono da 30 anni leader nelle quote di mercato, ma soprattutto sono leader di innovazione commerciale e valoriale, sulla sicurezza alimentare e sull’ambiente», aggiunge. «La competizione è un bene utile, l’importante è che sia sana e nell’interesse dei consumatori. A Coop le sfide positive sono gradite», conclude la nota.

PREOCCUPAZIONE ESPRIME invece la Cgil. «Purtroppo di questa acquisizione sappiamo poco – esordisce il segretario nazionale della Filcams Cristian Sesena – . Da mesi chiedevamo certezze, l’azienda si è trincerata sempre dietro un no comment che pesa ancor di più oggi». Esasperati dai segnali di incertezza, gli 8mila lavoratori hanno scioperato compattamente nel periodo pasquale, mentre in Sicilia è ancora aperta una procedura di licenziamento per 267 operatori. Ora Conad diventa l’interlocutore: «Non è che siamo tranquilli perché Conad è italiana: ho dubbi sia sul salvataggio che sul rilancio, anche perché si dovrà pronunciare l’Antitrust. Per questo chiediamo subito che il ministero dello sviluppo convochi i nuovi proprietari», chiede Sesena che sottolinea un paradosso – «Conad è una realtà gigantesca che ha sempre vissuto di essere una rete di soci di aziende, ma con lei non abbiamo mai firmato un contratto integrativo nazionale che invece è in vigore fino a fine anno con Auchan» – e «un dato inconfutabile»: «Auchan aveva puntato tutto sulle aperture festive ed è andata in crisi anche per questo».

Di «passaggio epocale» parla la Fisascat Cisl che chiede però di «tutelare tutti i lavoratori coinvolti».
«Chi lavora in Conad non è il personaggio degli spot, ma lavora por pochi soldi a caro prezzo: questa è la fine che rischiano i 20mila dipendenti perché il commercio esternalizza i diritti e il salario, e ad ogni passaggio di mano ne hai sempre meno», attacca Francesco Iacovone dei Cobas che non risparmia il ministro Di Maio: «20mila lavoratori cambiano padrone e lui non dice niente, così come non parla più di chiusure festive».