Da esattamente sei settimane, la vita sulla piccola e bellissima isola della Palma (Canarie), non è più la stessa. Il 18 settembre, il vulcano si è svegliato, per la prima volta da 50 anni, e non si è più fermato. Ogni giorno, l’isola è colpita da decine e decine di terremoti: ieri alle sette di mattina il più intenso di tutti: 5 gradi sulla scala Richter, sul lato est dell’isola, a 35 km di profondità. Segno che, là sotto, c’è un sacco di magma che si sta ancora agitando, chissà per quanto tempo.

SU 85MILA ABITANTI, ce ne sono 6.500 che sono stati evacuati dalle zone minacciate, più di 2.500 edifici sono stati sommersi e 900 ettari coperti dalla lava. L’eruzione potrebbe durare ancora settimane, ma nel frattempo la vita dei palmeros è rivoluzionata e l’economia, basata soprattutto sul turismo e sulla coltivazione delle banane, è in ginocchio. Le strade e le case delle città evacuate, e le ubique coltivazioni di banane, non ancora sommerse dalla lava, sono coperte da una fittissima coltre di cenere grigia che raggiunge anche diversi metri di altezza. La fitta pioggia di cenere in giorni come quello di ieri sembra non dare tregua.

I comuni non evacuati fanno quello che possono per liberare le strade e i tetti dai detriti vulcanici: il rischio è che, se piove, ostruiscano i tombini o facciano crollare i tetti. Ma è uno sforzo di Sisifo: in poche ore ritorna a coprirsi tutto di una polvere sottile e appiccicosa. In molti comuni, i cittadini sono di nuovo confinati, per il timore del diossido di zolfo che emana dalle bocche del vulcano. Alcuni giorni, il consiglio è di rimanere in casa con porte e finestre chiuse.

Anche se i terremoti più forti si sentono anche su altre isole dell’arcipelago canario, gli effetti più devastanti di questo inusuale episodio vulcanico si concentrano soprattutto nella zona che circonda la Cumbre Vieja, un’area che si trova nella zona sudovest dell’isola. E il rumore del vulcano di sottofondo, notte e giorno, alle volte diventa assordante.

La prima lingua di lava è già arrivata al mare qualche settimana fa, formando una piattaforma, chiamata fajana, di 20 ettari, che col tempo si trasformerà in un nuovo pezzettino di isola. E un’altra delle numerose lingue di lava, la numero tre (su nove), è a soli 400 metri dal mare, poco più a sud. Osservando l’orografia della Palma e delle altre isole canarie, è ovvio che questa non è stata né la prima né sarà l’ultima volta che accade. Di fatto, queste isole non sono nient’altro che vulcani spuntati dal mare nell’arco degli ultimi milioni di anni.

La Palma, Tenerife. @Ap

L’ERUZIONE, che ha riservato molti momenti spettacolari e allo stesso tempo drammatici per chi ha perso tutto, per fortuna non è stata una tragedia. Nessuno ha perso la vita, anche se le ferite dell’anima tarderanno molto a essere curate. Tutti sapevano di vivere, letteralmente, su un vulcano, ma lo avevano dimenticato, perché i tempi che la terra impiega a svegliarsi sono diversi da quelli che noi sappiamo prevedere, finché non diventa troppo tardi.
E poi, nessuna delle 7 colate vulcaniche che hanno preceduto questa sulla Palma dal XV secolo (quando la corona spagnola iniziò a contabilizzarle dopo aver conquistato l’isola) aveva avuto un effetto tanto devastante. Nel 1971, l’ultima volta che era accaduto, vivevano sull’isola 74mila persone, e nel 1949, la volta precedente, erano 67mila. La densità delle coltivazioni era molto inferiore, le infrastrutture assai meno sviluppate, con meno automobili e meno strade. Oltre al fatto che allora durò solo tre settimane.

Oggi il vulcano ha provocato molti più danni: basti pensare alle strade bloccate – che su un’isola con questa orografia provocherà disagi molto importanti: in alcuni casi per raggiungere una località che un tempo richiedeva 10 minuti di macchina, oggi ci può volere più di un’ora e mezza, dato che bisogna fare il giro di mezza isola. Oppure alle tubature dell’acqua sotterranea sepolte dalla lava: sono tutte zone a cui non si potrà più accedere per molto tempo.

IERI IL PENNACCHIO era alto 4 chilometri. E poi a una certa distanza e con la giusta prospettiva è anche possibile osservare le bocche del vulcano sputare lava, fiamme, lapilli incandescenti, e persino fulmini, che si formano perché a volte, quando l’attività è particolarmente intensa, l’attrito generato dalla collisione delle particelle che compongono il pennacchio genera elettricità statica.

Gli esseri umani sono sempre stati affascinati dai fenomeni vulcanici quanto ne erano terrorizzati. Tanto è così che questo fine settimana di 3 giorni sono arrivati sull’isola 10mila persone per le quali il governo dell’isola ha predisposto apposite guagua (il nome locale degli autobus): vista dello spettacolare cono vulcanico (che ha già cambiato forma varie volte), delle colate incandescenti, delle strade deserte coperte di cenere e osservazione notturna del fuoco che dalla cima del vulcano non si spegne da un tempo che sembra non finire mai. Il sublime fascino dell’orrore.