Si è concluso in Parlamento l’iter di una delle leggi sulla scuola più attese e forse più tormentate degli ultimi decenni.

Non si tratta certo di una proposta di riforma, ma di uno strumento per affrontare l’emergenza e garantire l’apertura della scuola per il prossimo anno.

Ma sul come ci sono molti dubbi e perplessità. Anche perché non sembra che ci sia da parte dell’Amministrazione assunzione di impegni, a cominciare da quelli finanziari.

E credo che questo debba essere chiarito non solo all’intero mondo della scuola, ma a quella parte del Paese interessata alla scuola. Parte assai consistente e anche molto attiva.

Il decreto dovrebbe occuparsi  non solo di come continuare e concludere l’attività didattica di quest’ultimo periodo, ma anche degli strumenti per garantire a studentesse e studenti, sia pure in una situazione di emergenza, le attività di formazione per il prossimo anno.

E come si dovrà riorganizzare la scuola il prossimo anno non appare affatto chiaro.

In primo luogo, come è stato sottolineato da molti, non si tratta solo di questioni logistiche: come, per esempio, organizzare le classi mantenendo le distanze tra banchi, ma di come si possa vivere in una classe, ripristinando quella comunità che è fattore determinante di ogni buon apprendimento.

E tutto questo richiede un grande impegno di più soggetti istituzionali.

Si dovranno, per esempio, trovare altre sedi per fare scuola, si sente parlare per esempio di caserme, edifici scolastici dismessi da recuperare e spazi esterni, almeno fino a che il clima lo consenta.

Ma già da “oggi” sarebbe necessario prevedere e stanziare gli investimenti necessari per attrezzare quei luoghi a questo diverso uso. Investimenti che dovrebbero coinvolgere anche i Comuni e le Regioni, ma di questo si sente parlare assai poco.

Il decreto legge, appena approvato al Senato, non si limita a definire regole “sanitarie” per la presenza nella scuola, definisce alcune linee guida e suggerisce anche l’eliminazione della valutazione in decimi nella scuola primaria dall’anno scolastico 1920/21. Misura ripristinata dalla Ministra Gelmini, qualche decennio fa.

Si prevede, tra l’altro, nel testo, una normativa semplificata per il reclutamento ma, soprattutto, l’incremento dei posti per il concorso ordinario e straordinario, con 16.000 posti in più, e l’aggiornamento delle graduatorie, che in alcune zone del Paese si esauriscono assai in fretta .

Anche perché in questi ultimi anni il tema del reclutamento è stato un tema complesso, che non ha risolto problemi ma li ha anzi acuiti.

E come viene chiarito molto bene nel documento del Comitato Tecnico Scientifico ministeriale che fornisce un quadro della situazione delle scuole alla “riapertura”, non mancheranno solo docenti e personale non docente, ma anche le risorse per fronteggiare ogni emergenza.

Non parliamo di “aggiustamenti” ma di un impegno straordinario.

Si può una volta tanto mettere al centro della crescita e dello sviluppo del Paese, la scuola, quella di tutti che ha il compito, lo ricordava la Costituzione repubblicana, di rimuovere gli ostacoli “ per una effettiva uguaglianza”?

Stiamo attenti a non sbagliare ancora una volta, stiamo attenti a non minimizzare.

Il lavoro che hanno fatto in questi mesi con pazienza e abnegazione, con strumenti informatici non sempre all’altezza, studentesse e studenti, insegnanti, genitori e il mondo della scuola tutto, è un lavoro prezioso e impagabile.

Perciò non è il momento, come tanti altri ce ne sono stati, di sottrarre risorse alla scuola, perché è lì la nostra speranza di futuro.

Eppure l’incontro di oggi con i sindacati ha mostrato con chiarezza che a tre mesi dall’apertura delle scuole nessun impegno è stato preso dal governo a partire dalla stabilizzazione dei precari con tre anni di servizio, per passare poi all’adozione di  misure efficaci contro il sovraffollamento delle classi e il potenziamento degli organici del personale docente e ATA pur richiesto dal documento con cui il Comitato Tecnico Scientifico indica le misure indispensabili per un riavvio in sicurezza delle attività in presenza.

La mancanza di investimenti rischia non solo di non poter governare l’emergenza ma anche di penalizzare sempre di più il nostro sistema scolastico rispetto agli altri paesi europei.

Ugualmente non accolte, nell’incontro di oggi, tutte le richieste avanzate dai sindacati: garantire il rigoroso rispetto del limite di 20 alunni per classe in caso di presenza di allievi con disabilità, rivedere almeno nella presente emergenza i parametri per il dimensionamento delle istituzioni scolastiche, provvedere alla messa in sicurezza degli edifici, promuovere modifiche normative che sottraggano i Dirigenti Scolastici da  responsabilità improprie in merito alla manutenzione degli edifici, incrementare le risorse del FUN per la Dirigenza, prevedere un concorso riservato agli assistenti amministrativi facenti funzione di DSGA.

Tutto ciò si aggiunge alla mancata attuazione degli impegni che avrebbero consentito a molti precari con almeno tre anni di servizio una stabilizzazione del rapporto di lavoro già il prossimo settembre, così come non vi è alcuna certezza sulle risorse da destinare al rinnovo del Contratto per il triennio 2019-21.

E nessuno allora si meravigli se la scuola risponderà duramente, con lo sciopero e/o altre forme di lotta, a questo stato di cose.