Non si era ancora spenta l’eco della strage compiuta in Crimea da un liceale di 18 anni solo due settimane fa che un’altro attentato è tornato a insanguinare la Federazione russa. Ieri mattina poco prima delle nove del mattino un diciassettenne di Archangelsk, città a nord di Mosca, ha depositato una bomba all’interno della locale sede del Fsb (ex Kgb). La bomba di fabbricazione rudimentale ha determinato la morte immediata del giovane terrorista e ferito tre agenti dei servizi di sicurezza, di cui uno, al momento in cui si scriviamo, lotta tra la vita e la morte.

 

 

Ma se l’attentato di Kerch che era costato la vita a 21 adolescenti era stato derubricato poche ore dopo a «omicidio massa» compiuto da uno squilibrato, per l’azione di ieri viene confermato dagli inquirenti che si tratterebbe di «terrorismo», di un’azione «con finalità politiche». Solo alcuni giorni fa la polizia russa ha arrestato decine di membri del radicalismo islamico che fuori Mosca avevano costituito una cellula pronta a colpire. Ma in questo caso non si tratterebbe dello Stato islamico e si indaga piuttosto nell’area dell’estremismo politico russo sia di destra sia di sinistra ma soprattutto negli ambienti del neofascismo ucraino interessato a infiltrarsi e realizzare azioni diversive in Russia. In una breve dichiarazione la madre dell’attentatore accusa «quelli che gli hanno fatto il lavaggio del cervello su Internet», ma non risulta ancora chiaro chi possano essere «quelli».

La polizia, come abbiamo già detto, segue in primo luogo la «pista ucraina». Una pista che sarebbe confermata dalle clamorose dichiarazioni del generale ucraino Vasily Bogdan, quasi una sorta di rivendicazione della paternità dell’attacco. L’attacco terroristico all’edificio del Fsb di Arkhangelsk, per il generale mostra quali dinamiche si stanno verificando in Russia. Dinamiche che secondo lui prima o poi porteranno al collasso l’intero regime di Putin.

«La politica di Putin intesa ad agire aggressivamente contro i paesi vicini, a sopprimere i diritti e le libertà democratiche nel suo paese dovevano prima o poi causare una reazione corrispondente», ha dichiarato il generale al giornale ucraino Obozrevatel. Secca la replica russa del ministero degli Esteri: «Le dichiarazioni del generale Bogdan dimostrano a che livello di degrado sia il giunto il potere di Kiev e si commentano da sole».