Cinque donne sono le vittime dell’attentato compiuto dall’Isis domenica mattina a Kizlyar in Daghestan, repubblica autonoma russa del Caucaso a maggioranza musulmana.

RASUL TEMIRBEKOV, 22enne della zona, si è lanciato contro la chiesa ortodossa del centro cittadino munito di un fucile, facendo fuoco all’impazzata sui fedeli mentre celebravano la festività ortodossa di Maslenitsa che si svolge nella settimana precedente la Quaresima. Prima di essere ucciso dalla polizia, il giovane ha falciato cinque donne e ferito altre quattro persone di cui due gravemente. «Ci è venuto incontro sparando e gridando “Allah è grande!” – ha riferito poi il pope – Meno male che siamo riusciti a chiudere le porte della chiesa prima che entrasse, sennò il bilancio poteva essere più grave». Secondo testimoni il terrorista era coadiuvato da una donna che sarebbe riuscita a fuggire.

QUALCHE ORA DOPO è giunta la rivendicazione dello Stato Islamico tramite la sua agenzia Amaq, che lanciava un appello ai propri seguaci a «portare la Siria in Russia». Ieri secondo quanto riferisce l’agenzia Interfax nella casa dell’aggressore «è stato trovato un videomessaggio registrato sullo sfondo della bandiera nera dell’Isis . Nel video, è seduto incappucciato e tiene accanto a sé un fucile e anche un pugnale». Immediatamente la polizia ha deciso di rafforzare la propria presenza davanti ai luoghi di culto ortodossi non solo in Daghestan ma in tutto il nord del Caucaso.

SI TRATTA DEL SECONDO grave attentato del fondamentalismo islamico in Russia dopo quello di San Pietroburgo dello scorso aprile quando una bomba nella metropolitana uccise 13 persone. La situazione resta calda in tutta la regione, dove la guerriglia indipendentista e fondamentalista continua ad essere molto attiva. Il giornale Kavkasvsky Uzel afferma che «nel 2017 in Daghestan ci sono stati 24 scontri a fuoco tra guerriglia e polizia che hanno provocato la morte di 44 persone».

L’ ATTENTATO di ieri segna però il passaggio ad azioni mirate contro la comunità russa e ortodossa della regione.
Il Mufti della Repubblica del Daghestan nel condannare fermamente ogni manifestazione di violenza ha affermato che «i wahhabiti, che oggi si nascondono dietro un pseudoislam, non hanno nulla a che fare con l’Islam e non trascineranno la Russia in una guerra di civiltà e religione».

PAROLE SIMILI sono venute dal patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kirill, il quale ha dichiarato di considerare, a sua volta, ha detto di considerare «questo mostruoso crimine alla vigilia della Quaresima come una provocazione volta a provocare uno scontro tra ortodossi e musulmani che hanno vissuto in pace nel Caucaso per secoli».
Infine a chi dall’opposizione politica chiede decisioni più energiche contro «i musulmani terroristi» è arrivata la replica del portavoce di Putin Dmitry Peskov il quale ha sottolineato «che la lotta intransigente al terrorismo non ha bisogno dell’assunzione di misure speciali da parte del governo».