La branca locale dello Stato islamico – Provincia del Khorasan – ha rivendicato l’attentato di ieri all’Università di Kabul: almeno 22 i morti, circa 30 i feriti di un bilancio provvisorio e destinato ad aggravarsi.

La rivendicazione è avvenuta alcune ore dopo la fine dell’assedio all’università, la più antica del Paese – inaugurata nel 1932 – e la più frequentata, con i suoi 22mila tra studenti e studentesse.

TRA LE VITTIME, la maggior parte sono proprio studenti, finiti sotto il tiro di almeno tre attentatori, secondo le prime ricostruzioni (ma nella rivendicazione, lo Stato islamico nomina soltanto due militanti).

Ci sono volute diverse ore prima che le forze di sicurezza afghane, con il sostegno di quelle statunitensi, riuscissero a mettere fine all’attacco multiplo che segnala – ha ammesso il vice presidente afghano, Amrullah Saleh – un fallimento dell’intelligence e che colpisce uno dei luoghi-simbolo del futuro del Paese, in cui si formano ingegneri, medici, letterati, giuristi, avvocati.

Il governo presieduto da Ashraf Ghani ha indetto una giornata di lutto nazionale per oggi, martedì 3 novembre. Nel suo discorso serale alla televisione, Ghani – in passato docente in prestigiose università statunitensi e poi rettore della stessa Università di Kabul – ha condannato i «nemici della conoscenza e del progresso», assicurando che i responsabili verranno puniti.

Non appena la notizia dell’attentato è cominciata a circolare, i Talebani si sono dissociati con un comunicato ufficiale, alludendo alla regia dello Stato islamico e a presunte complicità del governo afghano, mentre tra gli afghani non manca chi vede nella Provincia del Khorasan un gruppo-spauracchio con cui i Talebani, ormai sdoganati politicamente dagli americani, coprirebbero azioni di cui non possono rivendicare la paternità.

In lutto nazionale, la società afghana si ritrova di nuovo alle prese con la drammatica contabilità di morti tra giovani e giovanissimi studenti: soltanto il 24 ottobre la Provincia del Khorasan aveva attaccato un istituto educativo privato nel quartiere a maggioranza sciita e hazara di Dasht-e-Barchi, a Kabul, causando 24 morti.

STAVOLTA L’ATTENTATO potrebbe essere legato anche alla presenza all’Università dell’ambasciatore iraniano in Afghanistan, Bahador Aminian, e dell’attaché culturale, Mojtaba Noroozi, che pare abbiano inaugurato un’iniziativa editoriale proprio ieri mattina.

I recenti attentati avvengono mentre a Doha, in Qatar, sono in corso i colloqui preliminari tra i Talebani e il fronte «repubblicano» di Kabul sul negoziato di pace.

Sul tavolo della discussione, oltre alle procedure da seguire e all’agenda da discutere, c’è anche la violenza: il governo chiede un cessate il fuoco immediato e prolungato, per ragioni umanitarie.

I Talebani replicano che la tregua sarà un esito del negoziato, e non una premessa. E sostengono di aver ridotto gli attacchi alle città e contro gli obiettivi non militari.

MA L’ULTIMO rapporto dell’Onu sulle vittime civili indica che i Talebani hanno ucciso più civili nei primi nove mesi del 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019. Complessivamente, i morti del conflitto sono stati 2.117 da gennaio a fine settembre, 3.822 i feriti. Esclusi dal conteggio studenti e studentesse uccisi ieri.