«A[/ACM_2]bbiamo ucciso più di una dozzina dei cosiddetti membri della polizia dopo l’attacco sacrificale presso l’ingresso principale della sede del Parlamento. Vogliamo dire loro che i parlamentari non sono al sicuro da nessuna parte a Mogadiscio. Per grazia di Allah ci saranno altri attacchi». Con questo comunicato rilasciato da Abdulaziz Abu Musab, portavoce militare di Al-Shabaab, il gruppo qaedista somalo ha rivendicato l’attentato kamikaze di sabato a poche centinaia di metri dal palazzo presidenziale.

Secondo quanto riportato dal capitano della polizia somala Mohammed Hussein, una macchina carica di esplosivo si è fatta esplodere a un posto di blocco a Mogadiscio mentre era in corso una riunione parlamentare. Tra le vittime accertate – almeno 4 – ci sarebbero soldati e rifugiati di un campo profughi interno vicino al checkpoint. Tra i feriti anche 7 bambini.

«Questo è il nostro secondo attacco al Parlamento e continueremo», prosegue il comunicato degli Al-Shabaab. Via twitter la condanna è arrivata dal rappresentante speciale dell’Onu in Somalia Nick Kay: «Un altro attacco senza senso a Mogadiscio vicino al Parlamento. Lo condanno con fermezza. Il nostro obiettivo di aiutare i somali a costruire la pace è ancora più forte». Solidarietà alle vittime dell’attentato è stata espressa anche dal nostro ministro degli esteri Federica Mogherini: «Ancora una volta si cerca, con un attentato terroristico, di destabilizzare e rendere ancora più fragile la Somalia. Voglio esprimere la vicinanza mia e dell’intero governo alle autorità somale e alle famiglie delle vittime. Con il Corno d’Africa e la Somalia in particolare abbiamo forti legami che intendiamo rinsaldare con la riapertura dell’ambasciata italiana a Mogadiscio».

L’esplosione kamikaze di ieri segue di pochi mesi il triplice attacco dinamitardo di gennaio scorso al Jazira Hotel di Mogadiscio (frequentato da funzionari governativi e da stranieri), quello al compound presidenziale – noto come Villa Somalia – e l’altro alle porte dell’aeroporto internazionale della città (uno dei posti più fortificati e meglio sorvegliati) di febbraio. Mentre appena tre giorni fa il deputato somalo Mohamed Mohamud Hayd è rimasto vittima di un agguato insieme alla sua guardia del corpo, uccisi mentre erano in una macchina bloccata da alcuni miliziani di Al-Shabaab. Ad aprile la stessa sorte era toccata ad altri due deputati.

Gli attacchi al Parlamento che continuano ad incalzare i fragili tentativi somali di avviare un corso politico democratico dopo decenni di instabilità politica, rilevano chiaramente una forte strategia tessuta dagli islamisti di rovesciare l’attuale governo e destabilizzare le aree limitrofe, tra cui il Kenya. Dove, nel 2013 Al-Shabaab si è reso responsabile dell’assedio di settembre al Westgate di Nairobi (almeno 67 le vittime) mentre a fine maggio scorso ha lanciato un duplice attacco in due città costiere al confine tra il Kenya e la Somalia facendo 65 morti.

Così mentre da un lato sono le istituzioni somale a essere nel mirino degli Al-Shabaab, dall’altro c’è chi come il rappresentante dell’Onu Nick Kay esprime preoccupazione che la Somalia stia perdendo attenzione e risorse a vantaggio di altri Paesi in crisi come il Sud Sudan, la Repubblica Centrafricana, il Mali e l’Ucraina. In una recente intervista Kay ha ricordato che nella lotta contro i militanti di Al Shabaab, l’esercito somalo e le forze dell’Unione africana hanno strappato il controllo di 10 o 11 città agli islamisti negli ultimi mesi.

Giorni fa funzionari statunitensi, in un primo riconoscimento pubblico dettagliato, hanno reso noto che consiglieri militari statunitensi hanno segretamente operato in Somalia a partire più o meno dal 2007 e che Washington si appresta ad aumentare il suo sostegno per aiutare il Paese a respingere le minacce di Al-Shabaab. Eppure ciò non ha impedito ad Al-Shabaab di mantenere il controllo su una serie di importanti città della costa e nella Somalia centrale.