Il 22 novembre si tornerà a votare in Turchia. Giustizia e Sviluppo, il partito di Erdogan, non ha trovato un accordo con i kemalisti di Kilicdaroglu (Chp) per uscire dallo stallo politico dopo il voto del 7 giugno scorso.
Dopo l’ingresso in parlamento della sinistra filo-kurda di Hdp, nessuna forza politica ha i numeri per formare un governo. Il premier Ahmet Dovutoglu, dopo settimane di colloqui, ha rimesso così il mandato. Ora Akp guiderà un governo di minoranza in vista di elezioni anticipate. Erdogan non ha mai voluto davvero formare un esecutivo di coalizione, sicuro com’è di poter stravincere dopo la campagna anti-Pkk, avviata il 24 luglio scorso dalle autorità turche. «Non ho tempo da perdere con chi non vuole entrare nel palazzo Bestepe», ha detto con non poca arroganza Erdogan in riferimento al boicottaggio di Chp della sua enorme villa miliardaria, finanziata con fondi pubblici.

Da parte sua, il partito kemalista ha definito «golpista» la mancata volontà di Erdogan di concedere un mandato per formare un governo di coalizione, con la speranza di eliminare Hdp nel nuovo parlamento. Le divisioni tra Akp e Chp sono davvero profonde in un’arena politica turca estremamente polarizzata: vanno dal sostegno di Erdogan alla Fratellanza egiziana fino all’appoggio alle opposizioni al regime di al-Assad in

Siria ma includono anche tensioni in materia di politica economica ed educativa.
Se la crisi politica non ha trovato una soluzione con le lunghe consultazioni tra partiti, le strade di tutto il paese sono ancora in fiamme. Gravissimi sono gli spari contro il palazzo Dolmabahçe a Istanbul, simbolo dei colloqui di pace tra governo e partito dei lavoratori kurdi, azzerati dai bombardamenti anti-Pkk. L’attacco, che ha causato il ferimento di un poliziotto, sarebbe opera di due militanti del Fronte rivoluzionario di liberazione del popolo (Dhkc-p). Il gruppo della sinistra radicale turca nei giorni scorsi aveva colpito il Consolato Usa a Istanbul.
Anche le borse risentono della crisi politica, la lira turca ha perso negli ultimi mesi il 18% del suo valore rispetto al dollaro. Eppure il ministro dell’Economia, Nihat Zeybekci ha assicurato che gli effetti della crisi politica sulla politica monetaria «non sono causa di preoccupazione», auspicando il taglio dei tassi di interesse.
Sono 11 i soldati uccisi solo nella giornata di ieri da militanti del Partito di Ocalan. 3 soldati sono stati colpiti nei quartieri di Hani e Lice a Diyarbakir. Un poliziotto è stato ferito nel quartiere di Baglar. 8 soldati sono stati uccisi in un attentato del Pkk a Siirt nel Kurdistan turco: una bomba era stata fatta esplodere sulla strada tra Siirt e Pervari. L’aviazione turca ha bombardato quartieri residenziali nella città di Silvan. Secondo Hdp, ci sono state esecuzioni sommarie di quattro cittadini kurdi nelle città di Varto e Mus. Ieri mattina quattro co-sindaci del partito di Demirtas, Sur Seyid Narin, Fatma Sik Barut, Yuksel Bodakci e Ali Cicek sono stati arrestati dalla polizia turca.

Anche nel Kurdistan siriano (Rojava) la tensione è altissima. Per ora gli attacchi turchi non hanno preso di mira le postazioni delle Unità di protezione popolare (Ypg-Ypj). Eppure alcune milizie jihadiste di rinforzo allo Stato islamico (Isis) sarebbero entrate in Siria con il sostegno delle autorità turche. Anche nel Kurdistan iracheno le cose non vanno meglio. Il mandato del presidente del governo regionale Massud Barzani è in scadenza e il Consiglio della Shura non ha raggiunto il numero legale per una proroga di due anni. Alcuni partiti del Kurdistan iracheno criticano le posizioni di Barzani che non ha condannato con fermezza gli attacchi turchi contro il Pkk a Qandil.