Per ora è la guerra mediatica a impegnare le redazioni di tutto il mondo. In questo tredicesimo giorno dallo scoppio del conflitto non ci sono stati grandi capovolgimenti sui diversi fronti aperti dall’avanzata russa in territorio ucraino.

DOPO LA CONCLUSIONE del terzo turno di trattative diplomatiche nella serata di ieri, in molti si aspettavano un attacco massiccio delle forze russe, soprattutto nella zona di Kiev e di Odessa. Invece la capitale continua a prepararsi all’invasione via terra e la «perla del mar nero» a quella via mare. Ma cerchiamo di fare chiarezza, per quanto possibile in questo momento così confuso.

LA FAMOSA COLONNA DI 64 km che aveva terrorizzato gli abitanti di Kiev poco meno di una settimana fa non è ancora entrata in azione. Molto probabilmente le truppe di Mosca si stanno disponendo intorno alla capitale e il raggiungimento delle rispettive postazioni di ingaggio deve essere ancora completato. Altrimenti non si spiega come sia possibile che da giovedì scorso i blindati russi siano impantanati in uno scontro metro per metro nel quadrante nord-occidentale dell’oblast di Kiev e non riescano a sfondare.

Certo, le zone di Bucha e Irpin ormai sono terra di nessuno e ogni giorno arrivano video e testimonianze di nuovi attacchi a edifici residenziali o, purtroppo, ai civili che tentano la fuga. Ma lo sfondamento non è avvenuto. Alcuni analisti militari hanno avanzato l’ipotesi che l’intenzione dell’esercito russo sia quella di cingere d’assedio la capitale ucraina in «stile medievale». Ovvero, in altri termini, di terrorizzare i civili, impedire l’afflusso di rifornimenti, impedire l’ingresso e l’uscita dai confini cittadini e, a un certo punto, tagliare le linee elettriche, del gas, del telefono e internet.

LA PRIMA INCRINATURA di questa teoria è che la rete ferroviaria da e per la capitale sia ancora in funzione, la seconda è che l’attesa, almeno per ora, gioca a favore degli ucraini, quindi Putin avrebbe tutto l’interesse a lanciare un’azione più tempestiva, se potesse. Quindi, in funzione di questo ragionamento verrebbe da pensare che forse non può. La schiacciante superiorità numerica, di mezzi e di potenza di fuoco dell’esercito russo non ha una reale valenza se non nello scontro diretto e in quelle che una volta si definivano «battaglie campali».

Di contro, la motivazione degli ucraini, finora vera sorpresa di questo conflitto per le forze russe, approfitta delle indecisioni del nemico, sferra attacchi mirati, si difende e poi usa le ore di inattività per riorganizzarsi. Tutto ciò, si badi bene, è valido nel breve termine. Zelensky sa bene che il suo esercito non ha le riserve di quello della controparte, né le possibilità di inviare in continuazione nuovi contingenti. E forse per questo sta adottando una strategia negoziale così spregiudicata, rispendendo al mittente gli ultimatum di Mosca e rilanciando ogni volta moniti che si possono riassumere con il motto «fino alla vittoria».

VLADIMIR PUTIN, DAL CANTO SUO, la scorsa notte ha dichiarato alla tv nazionale che la Russia non impiegherà soldati di leva, che non ci saranno ulteriori chiamate di riservisti e che «professionisti» già riusciti a raggiungere «obiettivi prefissati» stanno guidando l’operazione militare (come la chiama il presidente russo in patria, stando attento ad evitare la parola «guerra») contro l’Ucraina. Questo messaggio, che dovrebbe rasserenare gli animi dei russi, sembra però basato su assunti che nella pratica non hanno trovato riscontro.

INNANZITUTTO, moltissimi soldati schierati in prima fila sono coscritti, in secondo luogo si moltiplicano le voci sul coinvolgimento di battaglioni ceceni, sulle spinte al presidente bielorusso Lukashenko per intervenire via terra dal confine settentrionale e sul reclutamento di combattenti siriani (fonte Wall Street Journal). Da ultimo, il blitzkrieg paventato dalle forze di Mosca non è riuscito. Non solo Kiev non è caduta in 48 ore, ma dopo due settimane di guerra sembra che siamo allo stallo. Ovviamente non bisogna dimenticare Kharkiv e Mariupol. L’ex-capitale della Repubblica Socialista Sovietica d’Ucraina è oggetto di intensi bombardamenti da diversi giorni e alcuni reparti delle truppe di Mosca sono riusciti a entrare all’interno del centro urbano. Tuttavia, la città non è caduta e non sembra che la sua capitolazione sia imminente.

DIVERSA LA SITUAZIONE di Mariupol, epicentro delle operazioni russe e dell’emergenza umanitaria. Qualche giorno fa il sindaco della città costiera sul Mar d’Azov aveva dichiarato «Mariupol non esiste più». Contemporaneamente le immagini drammatiche degli sfollati che provano la fuga hanno iniziato a circolare sulla rete e da più parti si sono levate voci per l’istituzione di «corridoi umanitari».

Ad oggi, non si è ancora trovato chi possa fare da arbitro e garantire lo svolgimento dell’evacuazione. Servirebbe uno stato terzo, riconosciuto dai paesi belligeranti, un’istituzione internazionale o un’organizzazione umanitaria. Il candidato naturale sarebbe la Croce Rossa, ma al momento non è stato possibile trovare un accordo e la proposta dello stato maggiore russo di permettere l’evacuazione dei civili verso la Russia e la Bielorussia, ovviamente, non è stata raccolta da nessuno.

RESTANDO SULLE SPONDE del Mar Nero, più a ovest, c’è Odessa. Secondo alcuni doveva essere il primo obiettivo di Putin o, perlomeno, uno dei principali. Ad oggi la città non solo non è stata attaccata duramente (al netto di alcuni bombardamenti dal mare e di manovre di paracadutisti non confermati) ma guarda all’orizzonte dove sono ancorate le navi da guerra russe aspettando il momento fatidico. Insomma, a conclusione di questa seconda settimana di conflitto, risulta estremamente arduo tracciare un quadro chiaro della situazione, anche per chi si trova sul campo.

Secondo molti Putin proverà a forzare la mano con azioni massicce prima degli incontri di Antalia, in Turchia, del 10 marzo. Ma si tratta di un’ipotesi, per ora ciò che è certo è che quasi due milioni di persone già sono state costrette ad abbandonare le proprie case e a cercare riparo qui, a Leopoli, per proseguire verso ovest.