Kabul torna a richiamare l’attenzione dei media internazionali. Ancora una volta a causa di un attacco prolungato compiuto da un gruppo di talebani, che ieri pomeriggio ha preso d’assalto una guesthouse frequentata da «internazionali» di fronte alla sede di Unama, la missione delle Nazioni Unite in Afghanistan. Tra i feriti, presi in cura dai medici di Emergency, tra i primi a diffondere la notizia, oltre a tre dipendenti delle Nazioni Unite e a due guardie nepalesi, c’è anche una funzionaria italiana. La Farnesina ha prima fatto sapere che le sue condizioni non erano preoccupanti, per poi aggiungere che, invece, sono considerate gravi.

L’assalto è avvenuto in una zona centrale della capitale afghana. Secondo quanto ha riferito al quotidiano inglese Telgraph Zabibullah Mujahid, uno dei portavoce dei «turbanti neri», la guesthouse sarebbe stata presa di mira perché si sospettava ospitasse degli agenti segreti. Altre fonti riferiscono invece che l’obiettivo originario fosse la sede di Unama, poco distante dalla guesthouse, su cui poi gli studenti coranici avrebbero ripiegato.

In un comunicato stampa, la missione dell’Onu precisa che l’attacco non era rivolto alla sua sede, ma per alcuni giornalisti di Kabul una delle due forti esplosioni che hanno riecheggiato per la città sarebbe da attribuire a una macchina-bomba fatta esplodere davanti al cancello di ingresso di Unama, nei cui paraggi ci sono almeno altri due edifici «sensibili», l’ospedale del National Directorate Service (i servizi afghani) e la sede della Afghan Public Protection Police.

Nel momento in cui scriviamo diverse fonti confermano che alcuni assalitori si sarebbero asserragliati in un edificio della zona, da cui starebbero ingaggiando una battaglia con le forze di sicurezza locali. Il capo della polizia di Kabul, il generale Ayub Salangi, ha detto alla Bbc che due attentatori suicidi sarebbero stati uccisi dalle forze di sicurezza afghane, e che almeno altri due starebbero ancora combattendo.

Salangi ha definito quello di ieri come un «attacco ben coordinato», aggiungendo che le forze locali sono ormai in grado di rispondere a queste emergenze. I punti sollevati da Salangi sono importanti: il primo indica la natura degli attacchi dei talebani e degli altri gruppi anti-governativi, che ormai puntano ad azioni simboliche e prolungate che possano ottenere la maggiore visibilità mediatica, tenendo impegnati polizia ed esercito afghani il più a lungo possibile. Il secondo riguarda la preparazione delle forze di sicurezza: è questo il grande interrogativo che agita gli afghani, alla vigilia del ritiro delle truppe internazionali, previsto per il 2014. Saranno in grado di far fronte a un’insurrezione che si fa sempre più aggressiva e che inevitabilmente tenterà di guadagnare terreno, da qui al 2014?

I portavoce dei ministeri degli Interni e della Difesa continuano a ripetere che le forze afghane sono ben addestrate ed equipaggiate, ma tra la gente i timori sono forti, anche perché gli insorti si fanno sempre più aggressivi e ambiziosi. Gli episodi delle scorse settimane non promettono niente di buono: dal lancio, il 28 aprile scorso, dell’offensiva di primavera  Khalid bin Waleed, gli attentati si sono susseguiti in varie parti del paese. Quello di ieri riceve l’attenzione dei media italiani perché è avvenuto a Kabul e perché è rimasta ferita una cittadina del nostro paese. Ma le esplosioni, gli attentati, gli omicidi mirati costellano tutto il paese, con tragica, regolare quotidianità. E sono destinati a continuare per tutta l’estate.