Un duplice attacco suicida in Pakistan nella provincia di Khyber Pakhtunkhwa, al confine con l’Afghanistan, ha segnato ieri l’ennesima giornata di violenza nel Paese dei puri. Entrambi gli attacchi, il cui bilancio è sinora di 13 morti tra poliziotti e civili oltre a diverse decine di feriti, ha preso di mira una corte di giustizia a Mardan, distretto a una cinquantina di chilometri da Peshawar.

E nei sobborghi della capitale provinciale, poco prima, era stata presa di mira una Christian Colony, una comunità di cristiani. Tutti e due gli attentati – condotti da kamikaze armati – portano la stessa firma: Jamaat ul-Ahrar, un gruppo jihadista a geometria variabile che si è staccato nel 2014 dal cartello madre dei talebani pachistani (Tehrek-e-Taliban Pakistan o Ttp) per poi farvi ritorno nel 2015. Aveva espresso il suo sostegno a Daesh e al progetto del Grande Khorasan che dovrebbe segnare l’espansione a est del califfato di Raqqa.

La strage di Mardan si deve a un uomo solo che prima ha lanciato una granata e poi si è fatto esplodere davanti alla corte di giustizia quando ha capito che non sarebbe riuscito a entrare nel tribunale. Tra i 13 morti ci sono 3 poliziotti e 4 avvocati. I feriti sono oltre 40.

Il quotidiano pachistano The Dawn fa notare che il mese scorso 73 persone sono state uccise da un kamikaze all’Ospedale civile di Quetta (capitale della provincia occidentale Belucistan) e che la maggior parte erano avvocati, al nosocomio per rendere omaggio a Bilal Anwar Kasi, presidente dell’associazione provinciale degli avvocati (Balochistan Bar Association), vittima a sua volta di un omicidio. Anche l’attacco di Quetta, come i due odierni, era stato rivendicato da Jamaat ul-Ahrar e nel contempo da Desh.

La tentata strage alla Christian Colony di Peshawar si è invece conclusa con alcuni agenti feriti e la morte dei 4 kamikaze (che si sono fatti esplodere), entrati all’alba nella zona dove vivono i cristiani, una sorta di ghetto abbastanza comune nelle città pachistane e spesso di recente costruzione: quartieri nati per paura di persecuzioni, leggi sulla blasfemia e attacchi a chiese o luoghi di ritrovo messi in atto da gruppi settari.

Ma, secondo la stampa locale, questa volta non erano i cristiani l’obiettivo del commando: la Christian Colony si trova alla periferia di Peshawar dove sono situati anche un centro di formazione, un istituto per cadetti e una scuola dell’esercito. Scoperti dall’intelligence e con la polizia alle calcagna, i militanti avrebbero optato per un obiettivo vicino e più semplice da colpire.

La dinamica dell’attacco (sventato) ricorderebbe quella avvenuto il 16 dicembre 2014 in una scuola militare di Peshawar come ritorsione contro l’operativo Zarb-e-Azb* e nel quale un commando del Ttp fece una massacro tra gli studenti che si concluse con un bilancio di 141 vittime.

Quanto alla Jamaat ul-Ahrar, il gruppo che ha rivendicato gli attentati, la sua posizione è controversa. Inizialmente si è scisso nel 2014 dal Ttp accusato di aver sposato una fallimentare linea negoziale col governo.

I suoi leader, tra cui l’ex portavoce del Ttp, hanno in seguito dato il loro sostegno a Daesh (anche se non gli hanno giurato bay’a, fedeltà) ma nel 2015 il gruppo ha poi reso noto di essere rientrato nei ranghi del Ttp, conservandone però l’etichetta. Riconoscendo dunque nuovamente come leader mullah Fazlullah, che non ha mai aderito a Daesh ed è semmai vicino ad Al Qaeda (nemico giurato dello Stato islamico) e che si troverebbe in Afghanistan uccel di bosco.

*Zarb-e-Azb è un’operazione lanciata nel 2014 allo scopo di colpire le basi jihadiste nelle aree tribali. Secondo l’esercito avrebbe eliminato 3500 militanti mentre sarebbero morti 537 soldati. Ha prodotto un milione di sfollati.