La rivoluzione tunisina è entrata nel mirino dello Stato islamico. I terroristi che ieri hanno provocato una strage al Bardo, il più antico museo archeologico del mondo arabo e dell’Africa, hanno compiuto quell’attacco che i tunisini temevano da tempo. Non è bastata una rivoluzione che ha abbattuto una dittatura aprendo le porte a un processo democratico, dove si sono confrontate forze laiche e islamiste, per sventare le velleità del terrorismo globalizzato.

Il tema della sicurezza era stato al centro della campagna elettorale che lo scorso autunno aveva segnato la vittoria delle forze laiche a scapito degli islamisti che avevano dilapidato il consenso ottenuto nel 2011, nelle prime elezioni del dopo Ben Ali. Ennahdha, alla prova del potere, ha perso, anche se non ha rinunciato al governo. Ma ora il gioco è passato nelle mani degli estremisti che sono cresciuti all’ombra e con la complicità di Rachid Ghannouchi, grande vecchio dell’islamismo tunisino.

La grande pressione sulla Tunisia arriva dalla Libia e non solo per le ondate di profughi. Non a caso è stata rafforzata la protezione al valico di frontiera di Ras Jedir, spesso chiuso per evitare il passaggio di armi e di jihadisti e per contrastare il contrabbando.

I controlli tuttavia non hanno impedito il passaggio dei jihadisti di Ansar al Sharia che in Libia hanno la base logistica per coordinare le spedizioni in Siria.
Proprio in Libia, a 70 chilometri da Sirte, sabato scorso è rimasto ucciso Ahmed Rouissi, durante gli scontri tra i sostenitori del califfato e la Brigata 166 fedele al governo installato a Tripoli. Ahmed Rouissi, leader di Ansar al Sharia, era ritenuto uno dei terroristi tunisini più pericolosi, implicato anche negli assassinii, avvenuti nel 2013, dei leader del Fronte popolare Chokri Belaid e Mohamed Brahmi.

Tuttavia finora il maggior numero di vittime – soprattutto di militari – si è registrato sulle montagne di Chaambi alla frontiera con l’Algeria, che ha inviato nella zona ingenti forze che agiscono anche oltre frontiera, con l’accordo di Tunisi.

Il terrorismo globalizzato non conosce frontiere e colpendo la Tunisia mira a far fallire l’unica rivoluzione che finora ha avuto un esito positivo con l’avvio di un processo di democratizzazione che peraltro non ha escluso gli islamisti. Finché Ennahdha era al potere, proteggeva le azioni dei salafiti che sono arrivati anche ad attaccare l’ambasciata americana. Non solo, proprio dalla Tunisia sono partiti migliaia di jihadisti che sono andati a combattere in Siria con il fronte al Nusra o in Iraq con lo Stato islamico. I tunisini – reclutati nelle moschee o nelle associazioni islamiche con il consenso di Ennahdha – sono così diventati il maggiore supporto dei terroristi in Siria.

Anche giovani tunisine sono state costrette a dare il loro contributo: sono state spedite in Siria a soddisfare gli appetiti sessuali dei combattenti, dopo aver contratto il matrimonio jihadista, una nuova versione del matrimonio di piacere o temporaneo.

Ora i Fratelli musulmani non sono più al potere, anche se sostengono il governo al quale partecipano con un proprio ministro, e la via è libera per i sostenitori del califfato, ormai diffusi in tutto il Maghreb. La proclamazione del califfato a Derna, in Libia, ha evidentemente spinto i jihadisti tunisini all’azione. Un attacco sanguinoso anche se con l’impiego di forze limitate, forse anche perché, secondo quanto annunciato dal ministero dell’interno, era stata appena sgominata una cellula terroristica a nord di Tunisi. L’assalto al museo è avvenuto mentre all’assemblea nazionale, che ha sede anch’essa nell’ex palazzo reale, erano in corso colloqui tra il ministro della Giustizia ed esperti del suo ministero e di quello dell’interno per elaborare la legge contro il terrorismo (pura coincidenza?) e contro il riciclaggio di denaro.

La maggior parte delle vittime sono turisti stranieri (17 su un totale di 19, oltre ai due terroristi), probabilmente l’obiettivo, se calcolato, era quello di colpire il settore trainante dell’economia del paese. Il turismo era ripreso dopo anni di stallo provocato dai timori suscitati dai cambiamenti in corso e ora rischia di subire una nuova battuta d’arresto.

Proprio in questi giorni è difficile trovare posti liberi negli alberghi di Tunisi perché martedì 24 avrà inizio il Forum sociale mondiale e per l’occasione arriveranno esponenti di associazioni, movimenti, partiti da tutto il mondo e soprattutto dai paesi del Mediterraneo. In Tunisia si era svolto il Forum sociale anche due anni fa e proprio il successo di quella edizione aveva determinato la scelta di quest’anno. Anche il Forum è entrato nel mirino dei terroristi? Speriamo di no e solo una grande partecipazione in questa situazione può rappresentare un gesto di grande solidarietà con il popolo tunisino. Certo, un attacco di queste dimensioni alla vigilia dell’apertura, mentre fervono i preparativi, non è di buon auspicio.

Ma forse come nel VII secolo era stata Kahina, la regina berbera, a fermare i califfi, ora saranno le donne, già protagoniste della rivoluzione, a bloccare i seguaci di al Baghdadi.