Le ultime notizie parlavano ieri sera di 19 morti a Grozny – 10 poliziotti e 9 terroristi; una trentina di agenti feriti – a conclusione dell’operazione delle forze di sicurezza per liquidare l’attacco che, a partire dalle primissime ore di giovedì, almeno quindici terroristi ceceni avevano portato nel centro della capitale. Per l’intera giornata è rimasto in vigore lo «stato di operazioni antiterroristiche».

Da Mosca, dove assisteva al messaggio di Vladimir Putin (v. accanto), il presidente ceceno Ramzan Kadyrov annunciava nel primo pomeriggio la fine delle operazioni. La precedente notizia, «7 terroristi uccisi», veniva aggiornata, dopo che una parte del commando asserragliato nella Casa della stampa (sede di giornali locali e federali e di pubblicazioni web) si era nascosto nei locali della scuola n.20 dove altri due ribelli venivano freddati.

Non è ancora chiaro se l’azione sia stata intenzionalmente fatta coincidere con la giornata in cui Putin rivolgeva il messaggio annuale alla nazione, oppure se gli assalitori l’abbiano davvero intesa quale «castigo» per l’oppressione «delle donne musulmane, nostre sorelle», come riportava l’agenzia Reuter, sulla base di un video apparso su YouTube.

In ogni caso, nel suo discorso, Putin si è soffermato sulla vicenda (ancora in corso mentre il presidente russo parlava), ricordando anche come il ruolo dell’Occidente, il cui «appoggio informativo, politico e finanziario al separatismo in Russia, attraverso i servizi segreti, fosse assolutamente evidente. Ricordiamo chi e come in quel periodo appoggiava apertamente il separatismo e il terrorismo, definendo gli assassini nientemeno che insorti e li riceveva al più alto livello». Tanto che ancora ieri diversi media nostrani, che lecitamente scrivono di «terrorismo islamico» quando questo attacca gli interessi geopolitici occidentali, hanno attribuito l’assalto di Grozny a «indipendentisti» oppure a «presunti terroristi», senza dimenticare che i jihadisti ceceni combattono nelle fila dell’Isis.

Tornando ai fatti, a operazione conclusa, le forze di sicurezza hanno rinvenuto nei locali della Casa della stampa e della scuola n.20, oltre ad armi e munizioni, anche 24 ordigni esplosivi già innescati. In serata, gli agenti stavano ancora procedendo all’identificazione dei cadaveri, non escludendo che alcuni dei terroristi uccisi avessero preso parte in passato ad altre azioni. Negli ultimi due mesi, infatti, erano stati liquidati altri fondamentalisti, mentre cercavano, come ieri, di forzare posti di blocco all’ingresso della capitale. In quelle occasioni – ieri gli assalitori avevano ucciso tre agenti ed erano riusciti a entrare in città – le forze di sicurezza avevano sempre avuto la meglio.

Il comunicato rilasciato dal Comitato antiterrorismo nazionale lasciava trasparire che l’attacco fosse stato previsto, dato che «gli organi di sicurezza erano stati posti nello stato di massima allerta e di elevata risposta al combattimento. Come risultato, parte degli assalitori è stata scoperta e neutralizzata per tempo». La cosa veniva poi confermata dallo stesso Kadyrov, che rivelava come gli organi di sicurezza avessero decifrato una conversazione del fratello del leader terrorista Doku Umarov, capo del cosiddetto «Emirato del Caucaso», ucciso nel marzo scorso, secondo cui i ribelli islamici si apprestavano a compiere una serie di atti terroristici nella regione in occasione della Festa della Costituzione, il 12 dicembre.

Ciononostante, il bilancio finale non è lieve, anche se, data l’ora dell’attacco, molti edifici scolastici erano deserti. Elemento tra gli altri che ha impedito che gli scontri armati tra forze di sicurezza e assalitari potessero avere ripercussioni gravi sui civili.