La Casa bianca ha deciso di espellere quasi due terzi del personale dell’Ambasciata cubana a Washington. Si tratta di «misure di reciprocità», dopo il ritiro del personale diplomatico nordamericano dalla sede diplomatica dell’Avana.

DI FATTO È UN NUOVO PASSO verso il ritorno al clima della guerra fredda tra Usa e Cuba a seguito di una misteriosa serie di «attacchi acustici» che avrebbero subito nella capitale cubana 21 diplomatici statunitensi.

Il clima di mistero è accresciuto nei giorni scorsi, quando l’Associated Press ha rivelato che le prime «vittime» della misteriosa arma acustica appartenevano alla Cia. «È solo quando le spie statunitensi sotto copertura diplomatica hanno riferito di aver udito strani suoni e aver subito effetti fisici che gli Usa si accorsero che qualcosa andava storto» ha scritto la Ap. Il fatto che sia saltato fuori lo zampino della Cia spiega il clima di mistero, sia sui tempi dei supposti attacchi, sia sui colpiti, sia sui sintomi riportati (vedasi certificati medici mai mostrati).

NONOSTANTE IL DIPARTIMENTO di stato abbia affermato che tutti i casi «sono stati confermati da un punto di vista medico», vari funzionari Usa hanno detto all’Ap che «non è chiaro se tutti i sintomi riferiti siano vincolati in modo certo agli attacchi». Considerando il «profondo sentimento di allarme tra gli statunitensi che lavorano all’ambasciata è possibile che alcuni lavoratori abbiano attribuito alcune loro malattie agli attacchi» conclude l’Ap.

Secondo quanto si evince dalle informazioni dell’Ap, sintomi e sospetti di supposti attacchi con armi acustiche iniziarono dopo l’elezione di Trump, nel novembre dell’anno scorso. Come dire che le «informazioni» della Cia non vennero all’inizio ritenute credibili dal presidente Obama e che la Casa bianca mantenne il silenzio mentre venivano condotte le indagini. Il clima invece è cambiato con l’avvento di un presidente adatto a dar credito alle informazioni provenienti da un’agenzia specialista in guerra psicologica, ingerenze nella politica di stati esteri sovrani fino all’organizzazione di colpi di Stato e, cosa che preoccupa Cuba, a seminare prove che hanno portato a interventi militari Usa.

GLI EFFETTI DELLA DECISIONE di Trump di congelare l’attività dell’ambasciata all’Avana non si sono fatti attendere, generando una profonda inquietudine in buona parte della popolazione dell’isola che ha legami non solo affettivi con i parenti che risiedono soprattutto in Florida, ma dipende economicamente dalle loro rimesse. L’ambasciata Usa, secondo accordi reciproci, dovrebbe rilasciare 20.000 visti all’anno a cittadini cubani che chiedono per vari motivi di recarsi negli Usa. A questi si aggiungono altre migliaia di visti concessi per visite ai parenti. Nelle strade dell’Avana è palpabile la sensazione di timore che questo isolamento si prolunghi nel tempo.