Contro ogni invito a «non guardare in alto» – il grido del film di Adam McKay diventato una metafora dell’homo demens in marcia verso l’autoestinzione – centinaia di scienziati, artisti, scrittori, giornalisti, dirigenti sociali hanno voluto chiamare semplicemente «Mirá», «Guarda», la loro campagna contro lo sfruttamento degli idrocurburi nelle acque profonde del mare argentino a cui il governo ha dato il via libera il 30 dicembre scorso.

SE NEL FILM è dalla cometa che distruggerà il pianeta che bisogna distogliere lo sguardo, nella realtà è sul saccheggio che si consuma nei territori e nei mari che occorre chiudere gli occhi.

«Guarda: è un atto di resistenza», esortano nel loro manifesto i promotori della campagna, decisi a contestare la narrazione ufficiale che vede nel modello estrattivista la migliore opzione a disposizione dell’Argentina per sconfiggere la povertà e onorare il suo debito estero.

Così, quando ancora non si era spenta l’eco della storica vittoria della popolazione di Chubut contro lo sfruttamento minerario, un altro fronte di lotta si è subito aperto contro l’approvazione, da parte del ministero dell’Ambiente e dello Sviluppo sostenibile guidato da Juan Cabandié, dell’esplorazione sismica petrolifera di fronte a Mar del Plata e alle città della costa atlantica bonaerense, affidata all’impresa petrolifera norvegese Equinor, insieme alla Shell e alla compagnia statale argentina YPF.

UNA DECISIONE che, dando seguito alla gara d’appalto indetta dal governo Macri, è stata adottata durante le vacanze, accompagnata da tutte le rassicurazioni possibili – riguardo agli sversamenti in mare, all’impatto delle onde sismiche sulla fauna, ai posti di lavoro, al rispetto dei più alti standard ambientali – e imposta malgrado il netto rifiuto della società civile, emerso fin dall’audizione pubblica del luglio 2020.

In quell’occasione, e in molte altre, le organizzazioni ambientaliste e gli scienziati marini erano stati infatti tutt’altro che rassicuranti, mettendo in guardia sull’intensità dell’onda acustica generata dagli air gun, sufficiente a provocare nei pesci e nei mammiferi marini alti livelli di stress e danni permanenti all’udito, come pure sull’elevatissimo rischio di sversamenti – con una probabilità addirittura del 100% secondo Greenpeace – e sulle conseguenze economiche per le comunità costiere, per non parlare degli scontati effetti sulle emissioni climalteranti.

DI CONSEGUENZA, all’annuncio della risoluzione governativa, la reazione della popolazione non si è fatta attendere, dando avvio, con la massiccia mobilitazione del 4 gennaio scorso, a quello che – sul modello dello Chubutazo – è stato ribattezzato Atlanticazo, con il suffisso «azo» a indicare un colpo violento, uno scontro.

E le diverse iniziative di lotta hanno già prodotto un primo risultato: la decisione del pubblico ministero federale di sospendere le attività di prospezione sismica e sfruttamento petrolifero finché non venga presentato un rapporto di impatto ambientale.