Gli atenei italiani sono naufraghi alla deriva dove c’è da razionare il cibo tra chi è ridotto alla fame. In questa situazione, ha senso che il capitano della zattera, cioè il ministro di scuola università e ricerca Carrozza, permetta alla scuola superiore Sant’Anna di Pisa di cui è stata rettrice di fare una scorpacciata di gallette, lasciando a bocca asciutta l’ateneo di Bari o di Sassari, senza contare la Federico II di Napoli?

Questa è la situazione in cui si sono ritrovate le università all’inizio dell’autunno. Il 17 ottobre scorso il ministro ha firmato il decreto sui punti organico che stabilisce le soglie di turn-over tra i docenti che quest’anno andranno in pensione (2300) e quelli che saranno assunti (solo 400). Dopo avere letto il provvedimento che determina la capacità di assumere o promuovere il personale nei loro atenei, i rettori meridionali hanno lanciato un grido d’allarme: in base a quale criterio è stato attribuito al Sant’Anna il punteggio record del 232%, mentre a Bari o a Foggia è stato concesso solo il 7%?

Incalzato dalla stampa e, come ormai di consueto dalla rivista telematica Roars a cui si deve la «scoperta» del decreto, il Miur ha risposto che questa è la nuova «legge del merito». Ci sono atenei da bollino verde e altri da bollino rosso. Nella distribuzione di risorse necessarie come l’aria, visto che la legge di Stabilità bloccherà il turn-over fino al 2018, il «merito» vantato dal governo non misura però una qualità scientifica né didattica dell’ateneo, bensì l’Isef. L’Isef non è l’istituto di educazione fisica, bensì un parametro di sostenibilità economica e finanziaria. Nella gara tra gli atenei che hanno l’Isef migliore, c’è un parametro che ha fatto drizzare i capelli anche agli studenti. Se infatti i rettori aumentano le tasse universitarie, per la loro struttura c’è speranza di prendere più punti organico e quindi assumere un paio di docenti in più. Siamo alla guerra di tutti contro tutti: atenei del Nord contro quelli del Sud. E docenti, e ricercatori precari, contro gli studenti e le loro famiglie.

L’enorme sperequazione tra gli atenei è dovuta alla cancellazione di una «clausola di salvaguardia» imposta nel 2008 da Tremonti quando tagliò più di un miliardo al fondo di finanziamento degli atenei. Tale clausola era ancora vigente nel 2012, con il governo Monti, e fino a quel momento ha evitato che si generassero gli squilibri generati con l’attuale governo. E dire che sarebbe stato semplice evitarli. A Enrico Letta, che aveva promesso «niente tagli all’istruzione», sarebbe bastato un decreto della presidenza del consiglio per ripristinare la «clausola» scaduta. Non lo ha fatto e il decreto firmato dal suo ministro distribuisce 445 punti organico in base al calcolo del 20% del turn-over che a partire da quest’anno non avverrà più per singoli atenei, ma su base nazionale. In altre parole, se un ateneo ha pensionato 100 persone, e ha i conti in ordine, può assumere 20 docenti di diritto ma anche tutti gli altri posti destinati alle università che non sono state altrettanto «virtuose». In questa nuova distribuzione, il Sant’Anna che non è certo il più grande ateneo pisano, ha preso i punti organico destinati alle altre università. E così ha fatto Bergamo, il Politecnico di Milano o, eccezione che conferma la regola, l’università di Catanzaro.

La reazione dei rettori meridionali è stata fortissima. Ad iniziare da Corrado Petrocelli, rettore uscente a Bari. «C’è stato un tempo in cui molti atenei, tra cui il nostro, hanno sforato di molto la media sostenibile nella crescita del personale da assumere – ha scritto sulla Gazzetta del Mezzogiorno – ma ci siamo rimboccati le maniche e oggi abbiamo un indebitamento pari a zero. Molti altri atenei non l’hanno fatto e oggi beneficiano di un rapporto considerato migliore». Dopo la protesta dei deputati pugliesi Pdl-Fi, che hanno scritto una lettera a Carrozza, è intervenuto il governatore della Puglia Nichi Vendola: «L’obiettivo è demolire le università meridionali, a cominciare dalla riduzione dei fondi – ha detto – Ci opporremo a questo tentativo di cancellare la cultura nel Mezzogiorno». In appoggio ai rettori napoletani, è arrivato il governatore campano Stefano Caldoro: «Questo Paese deve premiare chi fa e chi merita – ha detto – Se vedete i numeri vengono favorite anche piccole università del Centro-Nord e fortemente penalizzate quelle del Sud».

Dopo la catastrofe, comunicativa e epistemologica, dei risultati della Valutazione della qualità della ricerca (Vqr) da parte dell’Anvur, quella che dovrebbe «misurare» il «merito» degli atenei attribuendo fondi aggiuntivi a quelli migliori, siamo ad un altro fallimento della governance neoliberale dell’università. Pietra dello scandalo è ancora il «merito», insieme alle sue fantasiose interpretazioni. Ciò che resta è il blocco del turn-over fino al 2018 che ridurrà il fondi agli atenei di 28 milioni di euro nel 2016, 70 nel 2017, 84 nel 2018.