È scontro tra Mosca e Atene. Dall’annuncio del quotidiano Katimerini, ai fatti: Atene ha espulso due diplomatici russi, tra cui l’ambasciatore Victor Yakovlev e impedirà l’ingresso ad altri due funzionari russi accusati «di azioni illegali contro la sicurezza nazionale».

Per Katimerini, sarebbe una risposta alle «interferenze russe negli affari interni del paese», perché la Grecia vuole mantenere buoni rapporti con Mosca «a condizione del rispetto reciproco per sovranità e indipendenza». Il governo greco sottolinea che la decisione si riferisce «esclusivamente alle azioni di queste quattro persone».

Ma si afferma che «ogni tipo di replica» da parte di Mosca porterebbe solo a un ulteriore deterioramento delle relazioni. Replica che è giunta a stretto giro. Il ministero degli esteri russo ha deciso di prendere misure analoghe verso il personale diplomatico greco a Mosca.

Perché una tale misura della Grecia, paese Ue con le migliori relazioni con la Russia? Si è parlato di operazioni finanziarie russe in Grecia che non sarebbero piaciute a Tsipras; e anche degli sforzi per espandere l’influenza russa in Grecia, soprattutto per mezzo delle attività della Società imperiale ortodossa palestinese.

Tuttavia, fonti del Cremlino raccolte da Ria Novosti, escludono queste ipotesi: il motivo sarebbe l’accordo, raggiunto qualche settimane fa fra Skopje e Atene sul nome della Macedonia, («Repubblica della Macedonia del Nord», è il nuovo nome del paese balcanico) per una disputa che durava da 27 anni; e che finora era stata il semaforo rosso sulla strada dell’adesione alla Nato del paese ex jugoslavo, da sempre osteggiata da Mosca.

Ora al cospetto di Trump, la Nato a Bruxelles dovrebbe approvare l’ingresso della «Macedonia del Nord». In questo quadro sarebbe stato chiesto al governo di Syriza un gesto di fedeltà e sottomissione alla Nato mancato in occasione dell’espulsione collettiva dai paesi Ue dei funzionari russi per il caso Skripal.