Che la Grecia rischi di restare a secco di denaro non è in dubbio. Lo ha confermato ieri il vice ministro delle finanze Mardas. Il governo deve trovare entro la fine del mese «almeno 350-400 milioni di euro» per pagare gli stipendi e le pensioni di maggio. Due ore più tardi i contanti sono stati trovati grazie a un prestito delle casse degli enti previdenziali, ma la sostanza delle cose non cambia. La situazione, grave, è stata ammessa anche da Varoufakis: «La liquidità sta finendo».

Non c’è dubbio poi che l’esecutivo di Tsipras non collabora come vorrebbero i partner europei. Le trattattive tra Atene e i creditori internazionali per le riforme, secondo l’accordo dell’Eurogruppo del 20 febbraio, sono ancora in alto mare e non procedono come auspicato. Lo si capisce ascoltando i dirigenti a Bruxelles e ad Atene, lo si vede parlando con imprenditori e bottegai ad Atene e Salonicco che giorno dopo giorno vedono diminuire i loro già pochi introiti.

Il punto centrale per i partner europei, oltre che per Atene, sta nel contenuto delle riforme. La mancata liquidità, strettamente legata al finanziamento di Atene non è il risultato dell’ intransigenza dell’esecutivo greco, ma lo strumento che usano i creditori internazionali per imporsi al loro avversario. Da notare che il neogoverno ha onorato finora i suoi impegni sul fronte del debito senza incassare un’euro di aiuto. E ora il negoziato sarebbe finito in poche ore e la Grecia avrebbe potuto così incassare la tranche di 7,2 miliardi di euro di aiuti previsti dal secondo programma di salvataggio, se il governo di Tsipras avesse dato il suo consenso a un’insieme di misure che prevedono nuovi tagli a stipendi e pensioni, in pratica a una nuova stangata.

Nonostante la forte pressione da parte dei creditori del Paese per la ristrutturazione del sistema di sicurezza sociale e l’adozione di misure tese a ridurre ulteriormente anche le pensioni già più basse, il governo greco ha intenzione di congelare i previsti tagli alle pensioni principali e a quelle integrative oltre che alle liquidazioni e ai bonus forfettari.Tsipras è determinato a portare avanti una serie di normative per far fronte alla crisi umanitaria che vanno in senso contrario agli impegni assunti con i creditori internazionali dal precedente esecutivo Samaras.

In questo ambito la parte greca è riuscita a bloccare la liberalizzazione dei licenziamenti, avanzata dai partner europei, ma ha fatto marcia indietro sulla sua promessa per un contratto collettivo nazionale di lavoro. I negoziati, quindi, tra le due parti sono di fatto difficili e critici, nella riunione dell’Euroworking group di ieri ci sono stati dei passi avanti, ma non ci sarà un accordo nell’Eurogruppo a Riga il prossimo 24 aprile. Il Financial Times, e una buona parte della stampa italiana e internazionale ripetono ogni giorno nei loro servizi che la Grecia si trova ad un passo da un crack finanziario. Il fallimento e il «Grexit» sono le parole d’ordine già da parecchi mesi. Sembra quasi che tali pubblicazioni rientrino nel gioco delle trattative a favore dei partner europei.

Ultimo esempio, la questione di un decreto firmato dal governo che obbliga tutti gli enti locali e istituti statali (atenei, ospedali, ecc.), con l’ esclusione dei fondi pensionistici, a trasferire le loro riserve di cassa alla Banca di Grecia per farne uso. Il provvedimento indica ovviamente che lo stato non ha più contanti nelle sue casse, ma la notizia è stata presentata e interpretata da alcuni media come l’anteprima di un «default».

L’Associazione delle amministrazioni locali che in un primo momento ha reagito drasticamente, anche perché molti sindaci sono stati eletti con le liste della Nea Dimokratia e del Pasok, ora chiede un incontro con il premier per discutere su come aiutare il governo.

Che la Grecia non sia vicina a un default e a un «Grexit» lo affermano gli stessi dirigenti dell’Ue. «Siamo pronti a qualsiasi evento ma escludo al 100% una grexit» ha detto il presidente della Commissione Ue Juncker, precisando che «non ci sarà un default». Juncker, il «duro» Jeroen Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo, ma anche la cancelliera Merkel (con la quale si incontra oggi Alexis Tsipras ai margini del summit Ue a Bruxelles) sono ottimisti. Ma anche nell’ ipotesi di un eventuale default, non è detta l’automatica uscita della Grecia dall’euro, ha affermato il vice-presidente della Bce, Vitor Constancio.

La Grecia «ha comunque delle alternative» sostiene il ministro greco per la Ristrutturazione, l’Ambiente e l’Energia, Panagiotis Lafazanis, che si è incontrato con il direttore della Gazprom per la costruzione, via Grecia, del gasdotto Southstream per il momento bloccato dall’Ue. Una mossa che ha fatto preoccupare Washington. Forse per questo motivo il Dipartimento dello Stato, tramite l’ ambasciatore Usa ad Atene ha caratterizzato «atto profondamente non amichevole» la decisione del governo greco di trasformare, in base alla nuova legge sulla riforma carceraria, la detenzione di Savas Xiros, uno dei principali esecutori dell’ organizzazione terroristica «17 Novembre», agli arresti domiciliari per motivi d’invalidità oltre il 90%.