Mentre si scrivono queste righe a Lesbos si stanno raccogliendo dal mare i corpi di 30 adulti e 10 bambini annegati mentre cercavano di raggiungere l’isola. Solo a gennaio le vittime sono state più di 500. Una strage silenziosa, che incide poco nel dibattito europeo.

La drammatica cifra l’ha rivelata il vice ministro dell’Immigrazione Yannis Mouzalas, respingendo le accuse di quei governi europei che premono su Atene per una politica più drastica di «respingimento» dei profughi: «Respingimento in mezzo al mare vuol dire la morte di chi sta sui barconi. Le autorità greche non respingeranno mai nessun barcone né lasceranno mai nessuno in mezzo al mare. Continueranno a fare il loro dovere umanitario e raccoglieranno i naufraghi per dare loro assistenza». Come prova del carattere strumentale degli attacchi lanciati contro la Grecia, il ministro ha citato un comunicato di Frontex che lodava il paese per «essere arrivato ai limiti delle sue possibilità pur di salvare le vite e dare accoglienza dignitosa a centinaia di migliaia di migranti».

Il ministro greco ha voluto però ridimensionare il peso del rapporto emesso ieri dal Collegio dei Commissari sulle misure prese dal suo paese riguardo i controlli sui profughi sbarcati sulle isole greche. Il rapporto cosidera «carenti» i controlli effettuati dalle autorità del paese. I processi di registrazione e di raccolta delle impronte digitali presentano «lacune», così come non c’è sufficiente verifica della validità dei documenti di viaggio, poiché gli hot spot già allestiti dalle autorità greche non sono collegati con l’archivio centrale di Schengen. La Grecia ha tre mesi per conformarsi con gli standard richiesti, altrimenti sarà sospesa dall’area Schengen per un massimo di due anni.

Mouzalas ha chiarito che il rapporto si basa su elementi raccolti durante una visita a sorpresa a Chios e Samos nel novembre scorso. Ma già una seconda visita fatta a dicembre aveva mostrato «vistosi miglioramenti»: «Entro febbraio saranno pronti tutti gli hot spot, sia nelle isole che nelle grandi città». Si pensa si collocarne uno anche Idomeni, ai confine con la Macedonia ex jugoslava. Solo i richiedenti asilo possono passare ma la Repubblica di Skopje apre e chiude i passaggi a fisarmonica, lasciando migliaia di persone accalcarsi sul posto di frontiera.

Secondo il ministro, oltre a quelli in costruzione sulle isole, saranno costruiti altri due grandi campi di raccolta ad Atene e a Salonicco, usando vecchie strutture militari in disuso. La Grecia sarà in grado di ospitare non più di 150 mila persone, ha aggiunto, per un limitato periodo di tempo. Il resto dovrebbe essere ricollocato in atri paesi membri, secondo il piano della Commissione.

Anche Tsipras, impegnato mercoledì in una visita a Israele e ieri in una trilaterale a Cipro (con Netanyahu e il Presidente cipriota Anastasiades), ha respinto gli attacchi: «Mi si chiede quanto reggerà la Grecia ma io mi domando quanto reggerà l’Europa», ha dichiarato: «Siamo in mezzo a una profonda crisi economica, affrontiamo al meglio la più grande ondata migratoria degli ultimi decenni, un problema che supera le nostre possibilità, eppure i nostri sforzi sono ritenuti insufficienti. Noi diciamo che siamo orgogliosi della nostra azione che fa emergere il volto umano dell’Europa».

Intanto – a Bruxelles – continua il gioco del cerino acceso con una pioggia di proposte tra il ricattatorio e il paradossale. Il vice presidente della Commissione Valdis Dombrowskis ha commentato la proposta slovena di spostare le frontiere esterne dell’Ue alla Repubblica ex jugoslava di Macedonia, riportando sulla scena il progetto di una Guardia di Frontiera comunitaria, visto che Skopje non è ancora paese membro.

Ha anche respinto l’idea, riportata da Financial Times, di concordare con la Grecia il condono di una parte del suo debito in cambio dell’ospitalità a centinaia di migliaia di rifugiati. Nel frattempo la Svezia ha annunciato il respingimento di 80 mila profughi, la Finlandia di 20 mila, mentre la presidenza olandese ha ipotizzato un piano europeo per la ricollocazione in Tuchia di un sostanzioso numero di richiedenti asilo già in territorio europeo.

La risposta di Atene è stata positiva a condizione che le navi siano noleggiate dalla stessa Ue, che stazionino nel porti turchi e che controllino con le autorità locali la repressione dei trafficanti. Mouzalas ha poi rilanciato la proposta di far espletare in Turchia la procedura degli hot spot in modo che, coloro che hanno diritto all’asilo, seguano un corridoio umanitario verso il paese europeo di collocazione. Una maniera per stroncare il traffico di migranti ed evitare le vittime.