Il lungo braccio di ferro tra Berlino e Atene non si ferma. Nessuno per il momento fa marcia indietro, e non si dà spazio né tempo ad Alexis Tsipras. Per i tedeschi rispettare le regole vuol dire che il premier greco deve dimenticare le promesse elettorali (lo ha detto questa volta il banchiere belga Luc Coene, consigliere della Bce) e prendere misure simili a quelle applicate dai governi precedenti, l’andamento delle quali deve comunque essere controllato dalle istituzioni, cioè dai rappresentanti dell’ ex troika (Fmi, Ue, Bce).

Tsipras e il suo esecutivo, invece, vorrebbero essere loro a decidere come salvare il proprio Paese, ovviamente in collaborazione con i partner nell’ ambito di un negoziato politico nell’ Eurogruppo, nella Commissione o a livello bilaterale, ma con il pressuposto che non saranno imposte a priori delle “ricette di salvataggio”, ovvero una nuova austerity. Condicio sine qua non perché Atene accetti un compromesso è che non ci saranno misure aggiuntive e controlli tecnici nella capitale ellenica da parte dei creditori internazionali.

Il problema, in effetti, non riguarda soltanto le riforme, che tutto sommato vogliono ambedue le parti, ma come queste riforme saranno giudicate e valutate. Poche ore prima della riunione dell’ Eurogruppo di ieri, fonti governative ad Atene hanno fatto notare che «l’Eurogruppo è una rappresentanza politica che non deve discutere questioni tecniche. L’obiettivo è ottenere un progresso politico».

Riferendosi poi all’elenco delle riforme (lotta alla corruzione e al contrabbando, fondazione di un consiglio di bilancio indipendente per controllare le spese pubbliche, guerra aperta contro il clientelismo e l’evasione fiscale tramite leggi piú dure, riduzione della burocrazia, nuovo piano per concedere licenze alle aziende del gioco d’ azzardo, iniziative per affrontare la crisi umanitaria) le stesse fonti del governo greco hanno affermato che l’esecutivo guidato da Tsipras «è pronto ad aggiungere altre riforme nell’ ambito di un Piano nazionale di sviluppo che sarà presentato entro il prossimo aprile».

Diverso, invece, il parere del presidente dell’Eurogruppo che insiste sul monitoraggio e sul negoziato tecnico. Jeroem Dijsselbloem ha detto che l’elenco delle riforme «è lontano dall’essere completo. Siamo pronti a sostenere Atene sulla base del programma esistente, ma il confronto sulle riforme deve ripartire al più presto possibile. Stiamo perdendo tempo».

Quindi è giunto il momento per una visita di alti funzionari nella capitale greca, come ai vecchi tempi. Per Dijsselbloem, inoltre, non c’è un calcolo ben preciso per le entrate nelle casse dello Stato ellenico, mentre alti funzionari europei hanno bocciato alcune proposte greche, come l’utilizzo di giovani e di turisti nel ruolo di ispettori anonimi per contrastare l’evasione
fiscale.

Di fatto Atene si trova alle strette perché l’esborso dell’ultima tranche da 7 miliardi di euro si sposta nel tempo: «Nessuna tranche verrà versata nel mese di marzo», ha detto Dijsselbloem. Pure ieri i media locali calcavano l’accento alla mancanza di liquidità e l’eventualità di un ritardo nei pagamenti o di un default. Ma né il governo retrocede, né i greci sembrano disposti a rivivere cio che definiscono «calpestare la dignità». Anzi, si sentono di più le voci euroscettiche, o altre che parlano di referendum o ricorso alle urne.

Il leader dei Greci indipendenti (Anel) e partner governativo, Panos Kammenos, ministro della difesa, parlando al Consiglio nazionale del suo partito, ha detto che «se loro (i tedeschi) vogliono assestare un colpo alla Grecia, allora devono sapere che i migranti avranno i documenti per andarsene a Berlino. E se fra i migranti si saranno infiltrati anche membri dell’Isis, allora sarà colpa dell’Europa e della sua intransigenza nei confronti della Grecia».

Kammenos, insomma, intende garantire ai profughi dall’Afghanistan e dalla Syria di passaggio per la Grecia i documenti per raggiungere i Paesi del nord-europa, mentre Varoufakis lascia aperta l’eventualità di un referendum non sulla permanenza nell’euro come ha scritto Corriere della Sera, bensi sulle misure che il governo intende applicare.

Al fianco di Alexis Tsipras, criticando l’atteggiamento della Bce e della Commissione si è schierato in un intervista a Repubblica l’ economista americano James Galbraith, che con Yanis Varoufakis ha presentato una strategia alternativa per l’uscita della Grecia dalla crisi. Riferendosi al rifiuto di Mario Draghi di accettare bond greci in garanzia, Galbraith ha detto che «l’accanimento della Bce e anche della Commissione nel mantenere un alto livello di ansia e tensione non lo capisco. Con un minimo di visione storica potrebbe anche essere, lontanamente, indotto a pensare che ci sia una manovra per estromettere l’ attuale governo greco e tornare a schieramenti piú vicini al mainstream europeo».