Trecentottantacinque pagine dense di avanzi primari, riforme da realizzare e altri obiettivi da raggiungere. È il risultato dell’accordo-lampo siglato dal governo greco con i tecnici dell’ex troika e che il Parlamento è chiamato a votare in appena 24 ore, su richiesta del premier Alexis Tsipras che ha un’unica carta da giocarsi per uscire vincitore dalla battaglia per mantenere la Grecia in Europa e allo stesso tempo avere ragione della sinistra interna: portare a casa un accordo pieno prima del congresso di Syriza previsto a settembre e far piovere sulla Grecia un bel po’ di quattrini per stimolare la crescita e uscire dalle secche in cui è ripiombata l’economia (le stime diffuse ieri parlano di una contrazione del 2,3 per cento del Pil). Il resto saranno misure pesanti, in molti casi agli antipodi rispetto a quel programma di Salonicco sbandierato in campagna elettorale come la Bibbia della rinascita ellenica, attenuate dalla politica delle «compensazioni» del governo greco, che punta a far pagare il più possibile chi finora non è stato toccato dalla crisi e a modernizzare il Paese combattendo corruzione ed evasione fiscale.

Tsipras fa sfoggio di ottimismo e mette in luce i punti forti e le novità dell’accordo: lo sconto sostanziale sull’avanzo primario, innanzitutto, che consentirà di risparmiare una ventina di miliardi di ulteriori misure; la possibilità di ricapitalizzare immediatamente le banche evitando un collasso sistemico; i 35 miliardi del “piano Juncker” (finora solo sbandierati, per la verità), ai quali accedere in via prioritaria. Insomma soldi, tanti, per mitigare gli effetti dell’austerità imposta da Bruxelles e qualche differenza sostanziale rispetto ai precedenti Memorandum, a cominciare dal fatto che ad esso si applicheranno le norme europee e non quelle inglesi. Inoltre, sul piano sociale si sottolinea come verranno mantenuti il blocco degli sfratti per le prime case e la possibilità di rateizzare con una dilazione lunga le bollette non pagate. Non dovrebbero essere toccate neppure pensioni e salari, mentre più nebulosa è la partita del lavoro, sul quale pende la spada di Damocle della richiesta, contenuta nell’accordo di luglio, dei licenziamenti collettivi. Ma su questo tema il piatto forte sarebbe l’introduzione di un salario minimo. Un altro punto caldo riguarda le privatizzazioni, dove la Grecia rischia di diventare terra di conquista. Nell’ultimo Memorandum, ad esempio, la Fraport, compagnia tedesca che gestisce l’aeroporto di Francoforte, era in pole position per rilevare la gestione di quattordici scali greci (a partire da quelli di Atene e Salonicco). Cosa accadrà ora?

In ogni modo, una volta approvato l’accordo dal Parlamento, dopo una maratona che dovrebbe concludersi entro domattina (dove andrà in scena il consueto tira e molla con la Presidente Zoe Kostantopolou, che già ieri ha rallentato le operazioni di convocazione riunendo i capigruppo dei partiti in tarda serata), il governo greco deve confidare nel sì dell’Eurogruppo (convocato domani pomeriggio) e soprattutto di Berlino. È dalla Germania infatti che arrivano le maggiori perplessità. La Bild ha riferito ieri di una telefonata infuocata, con urla reciproche, tra Tsipras e Angela Merkel. Motivo: la richiesta tedesca di prendere tempo, concedendo alla Grecia un altro prestito-ponte per consentirle di versare un’altra rata alla Bce e nel frattempo proseguire nei negoziati. Secondo il ministero delle Finanze tedesco il terzo Memorandum sarebbe insufficiente. Il ministro Wolfgang Schauble, provocatoriamente, vorrebbe prima conoscere l’opinione del Fondo monetario internazionale: è d’accordo con i termini del salvataggio? Atene è in grado di assicurare la sostenibilità del proprio debito?

L’impressione è che stiamo per assistere a una nuova puntata di una storia in cui gli attori non si smuovono dalle parti codificate negli ultimi mesi: Schauble vuole arrivare a un’esclusione della Grecia per ridefinire i contorni dell’Eurozona, Tsipras intende rimanerci a ogni costo (spalleggiato dalla Francia di Hollande e dall’America di Obama) e Merkel si trova costretta a mediare con questi e con l’ala più intransigente del suo governo, provando a prendere tempo e opponendo la linea della «completezza» a quella della «rapidità» proposta dalla Grecia. Mentre il Fmi spinge per una ristrutturazione del debito che Berlino vede come il peggiore dei mali.

Nel frattempo, la politica greca (dove i sondaggi danno ancora ragione al premier e a Syriza, con la popolazione delusa dagli esiti delle trattative che però non vengono imputati a Tsipras) precipita nell’ennesimo psicodramma, fatto di un richiamo d’urgenza dei parlamentari dalle vacanze per approvare un pacchetto che non faranno neppure in tempo a leggere, dalla fronda interna a Syriza che non accenna a ricomporsi e dalla protesta dei dipendenti pubblici convocata per questa sera davanti al Parlamento dal sindacato Adedy. Un anticipo di quello che sarà l’autunno caldo di Atene, fuori e dentro le aule istituzionali.