Il nodo è arrivato al pettine. Entro la settimana prossima deve essere firmato l’accordo tra Atene e i creditori, altrimenti la Grecia non sarà in grado di pagare le rate del prestito del Fmi perché le sue casse sono vuote. Ieri sera il vice-ministro delle finanze Dimitris Mardas ha dato un ordine ben preciso: il trasferimento d’urgenza di tutti i fondi del settore pubblico che non presentano un movimento negli ultimi 5 anni o che non hanno un saldo sotto ai 100 euro alla Banca centrale di Grecia. La scelta del premier Tsipras è chiara: «prima gli uomini e poi il debito».

«Le proposte greche ai partner europei e soprattutto al Fmi sono basate sul diritto internazionale» ha sottolineato il presidente della repubblica ellenica Pavlopoulos, professore di diritto all’Università di Atene.

Che ci fossero dei problemi di liquidità il governo Syriza-Anel non l’ha mai nascosto, benché abbia rispettato sempre gli impegni, pur senza chiedere un euro ai creditori. Ma ora, come ha spiegato lunedì il ministro degli interni Voutsis, manca il denaro per le quattro rate per il Fmi (1,6 miliardi). Stesso messaggio ma con un tono ottimista, è arrivato da Varoufakis: «La Grecia pagherà la rata da 312 milioni dovuta al Fmi, perché per allora sarà raggiunto l’accordo con i creditori».

«Pagheremo i nostri impegni come meglio potremo» aveva detto il giorno prima Sakellaridis. Il problema però è proprio l’accordo: ci sarà entro la settimana prossima? Varoufakis, e insieme a lui il premier Tsipras credono di sì. E la domanda che si pone è semplice: nel caso Atene non abbia la possibilità di pagare queste poche centinaia di milioni di euro, alla fine della settimana prossima ci sarà un default con la chiusura delle banche e il governo costretto ad applicare controlli sui capitali come era avvenuto a Cipro nel marzo del 2013?

Ci sarà un «Grexit» come sostiene la maggioranza della stampa internazionale con effetti domino in tutta l’ eurozona? Oppure come affermano alcuni analisti, il Fondo «chiuderà un occhio» dando una proroga di un mese ad Atene per versare i suoi debiti, dopodiché -nel caso che Atene non dovesse pagare – ci sarà un fallimento totale? In questo ambito, secondo alcuni media locali, non è da escludere un intervento da parte di Washington al Fmi per «aiutare la Grecia a pagare i suoi debiti».

A sentire Varoufakis, «l’uscita della Grecia dalla moneta unica sarebbe l’inizio della fine per il progetto dell’euro». Varoufakis, inoltre, ha chiarito che dopo le sue reazioni è stata ritirata in parte la proposta per una tassa sui prelievi ai bancomat, i trasferimenti di denaro via e-banking e uno scudo fiscale per far rientrare i capitali depositati illegalmente all’estero con un’imposta del 15%. L’imposta sull’e-banking è contraria alla politica del ministero greco che vorrebbe sfavorire l’utilizzo del contante per combattere l’evasione fiscale. In Grecia tutti i dipendenti pubblici e privati, oltre ai pensionati, vale a dire più di due terzi della popolazione, pagano le tasse normalmente, perché c’è la trattenuta alla fonte.

Le altre categorie, invece, ovvero liberi professionisti (innanzitutto medici, avvocati, idraulici, elettricisti, tecnici, ecc.) e imprenditori di solito evadono, lasciando un buco nero dai 5 ai 20 miliradi di euro l’anno.

A prescindere se Atene e creditori si possano considerare vicini alle battute finali per un’intesa, sul tavolo restano ancora l’Iva, le pensioni e il mercato di lavoro, mentre la spina della ristrutturazione del debito non è stata nemmeno toccata- non mancano le voci secondo le quali la dichiarata impossibilità di rimborsare il debito al Fmi non corrisponde alla realtà, ed è «una tecnica negoziale da parte di Tsipras per ricattare i suoi creditori» da una parte, per calmare quelle voci all’interno di Syriza che vorrebbero una rottura dei rapporti con i partner europei dall’altra. «Stiamo lavorando giorno e notte per un’intesa, c’è il rischio di insolvenza e tanti rischi ad esso collegati» ha detto al quotidiano tedesco Bild il direttore del fondo salva-Stati europeo (Esm), Klaus Regling.

Intanto ieri ha cominciato i suoi lavori la commissione d’inchiesta parlamentare formata per esaminare sotto quali condizioni economiche e per quali motivi i governo precedenti hanno firmato i due memorandum che hanno provocato questa crisi umanitaria nel paese. Tra i testimoni che sono stati proposti dai partiti dell’opposizione sono l’ex direttore del Fmi, Dominique Strauss-Kahn, l’attuale Christine Lagarde, il già presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, Mario Draghi, il presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, i rappresentanti dell’ ex troika ad Atene.