«Rispettare gli impegni, pagare i debiti non vale soltanto per la Grecia ma anche per la Germania». È il messaggio che Atene manda a Berlino, riferendosi alla riscossione dei danni fatti dai nazisti durante la Seconda Guerra mondiale, la restituzione del prestito forzoso al III Reich e il ritorno in Grecia delle antichità rubate in quel periodo dai tedeschi.

Alexis Tsipras l’aveva sottolineato ben due volte poco prima della chiusura della campagna elettorale. «La leadership tedesca non ha il diritto morale di negare quello che è stato concesso alla stessa Germania, è un impegno nei confronti della generazione che ha fatto la Resistenza».

Questa settimana, infatti, nel momento in cui sono in corso le difficili trattattive del governo con i suoi creditori internazionali, il nuovo parlamento greco, dopo la proposta avanzata dal suo presidente Zoe Konstantopoulou, ha approvato all’unanimità la ricostituzione della commissione parlamentare per la rivendicazione dei danni di guerra, dei debiti e dei reperti archeologici dell’antica Grecia trasferiti in Germania durante l’ occupazione nazista.

Il ministro della Giustizia, Nikos Paraskevopoulos, ha fatto un passo avanti, riferendosi a una sentenza emessa nel 2000 dall’Arios Pagos, la Corte suprema ellenica.

Tale sentenza prevede la confisca dei beni tedeschi in territorio greco, visto che la cancelleria tedesca non è disposta a risarcire i parenti delle vittime dei nazisti a Distomo, un paesino della Beozia, vicino a Delphi, in cui il 10 giugno 1944 le SS uccisero 228 persone, tra cui 53 bambini e ragazzi sotto i 16 anni, come rappresaglia dopo un attacco di partigiani.

In realtà la storia è lunga come del resto lo è anche quella dei debiti forzosi di guerra i quali, secondo un recente rapporto ufficiale di Atene, ammontano ad almeno 11 miliardi di euro, mentre secondo altri ricercatori e analisti arrivano ai 54 miliardi di euro.

La Grecia varie volte – fin dalla metà degli anni ‘40 in tutte le tribune internazionali, pure alla Conferenza di Londra nel 1953 per l’ annullamento del debito tedesco – ha cercato di porre la questione dei debiti di guerra. Ma per uno o per l’altro motivo – la principale causa era che la Germania era divisa- la questione veniva posticipata dalle forze alleate. Sembrava quasi che la rivendicazione di Atene (che non faceva parte del club dei potenti) non fosse importante.

Per la prima volta nel 1964 c’è stata una risposta ufficiale del governo tedesco alle richieste del premier di allora Yorgos Papandreou. «Il vostro governo (di Costantino Karamanlis) si è dimesso dalle richieste per la restituzione dei crediti di guerra in cambio di un prestito tedesco», fu la reazione di Bonn, che nel 1961 aveva versato 115 milioni di marchi (circa 58,8 milioni di euro) come assistenza alla Grecia per le «persecuzioni naziste».

Una risposta negativa è stata data anche dall’ex cancelliere tedesco Helmut Kohl subito dopo la riunificazione della Germania. Nel 1995, nel momento in cui il governo socialista ellenico affrontava la questione con molta cautela, un migliaio di greci, tra loro esponenti della sinistra e del centrosinistra, avevano promosso la richiesta per il risarcimento dei parenti delle vittime a Distomo.

Le richieste però sono state restituite perentoriamente all’ambasciata greca in quanto considerate legalmente infondate. Per Berlino il file dell’ occupazione nazista in Grecia è chiuso definitivamente. E interpreta le richieste come uno sfogo dei risentimenti e delle critiche nei confronti della politica estera ed economica della Germania.

Per Atene, invece, la questione non riguarda i generici danni di guerra, come Berlino vuole far credere, ma fatti specifici come sono i prestiti forzosi che i nazisti hanno preteso e ottenuto dalla Banca di Grecia per mantenere le truppe naziste in territorio ellenico e quelle di Rommel in Africa.

I 115 milioni di marchi che la Germania ha dato alla Grecia come risarcimento delle persecuzioni naziste a scapito di ebrei greci non hanno niente a che fare con le richieste di restituzione dei debiti di guerra, ne con il massacro al Distomo. E su questo, come è stato sottolineato da statisti greci e tedeschi, non c’è dubbio.

Le rivendicazioni greche sono del tutto legittime, ma visto che Berlino nega tutto, né i conservatori, né i socialisti dei governi precedenti ad Atene avevano mai pensato di riportarle sulla tavola dei colloqui con Berlino.

Per lo stesso motivo nessun ministro di giustizia greco ha mai voluto mettere in atto la sentenza di Arios Pagos, vale a dire firmare un decreto che permeterrebbe alle autorità greche di confiscare proprietà tedesche in territorio ellenico (Istituto Goethe, Museo archeologico tedesco, ecc.).

Cosa che invece ha detto di essere pronto a fare l’attuale ministro della Giustizia, Nikos Paraskevopoulos, tra l’altro considerato il miglior penalista in Grecia. «A titolo personale, credo che l’autorizzazione ad applicare questa sentenza dovrebbe essere data e sono pronto a darla» ha detto Paraskevopoulos, aggiungendo che «la scelta è politica e dipenderà dall’andamento delle trattattive per il risarcimento dei danni».

Visto che la questione non ha soltanto aspetti politici ed economici, ma anche legali, – «dal 1990 i governi tedeschi hanno scelto silenzio, trucchi legali e rinvii» ha detto Tsipras-, non è da escludere che la Grecia chiamerà in causa la Germania di fronte a tribunali e altre organizzazioni internazionali. Da Berlino il portavoce della cancelleria ha risposto che «dovremmo concentrarci sui temi attuali e sul futuro dei nostri due paesi».