«Il primo passo concreto per il risanamento e il rilancio della Società», come lo ha definito Paolo Simioni, da un mese presidente e ad di Atac, la municipalizzata dei trasporti di Roma, è il concordato preventivo in continuità. A decidere di avviare la procedura – alla quale si era opposto l’ex assessore al Bilancio, Andrea Mazzillo, licenziato per questo dalla sindaca Virginia Raggi e sostituito da Gianni Lemmetti che a Livorno la aveva applicata alla partecipata dei rifiuti – è stato ieri il “nuovo” Cda dell’azienza che ha convocato anche l’assemblea dei soci e «affidato l’incarico di Advisor Finanziario e Industriale alla società Ernst Young», uno dei big mondiali delle consulenze aziendali che dovrà riempire di contenuti quello che di fatto è un atto puramente formale.

Sull’orlo del fallimento, con un debito di 1,35 miliardi di euro e il fiato sul collo dei 1190 fornitori che vantano un credito di almeno 250 milioni, l’Atac viene protetta in questo modo dalla possibilità che il tribunale riconosca le istanze di fallimento già pronte, o secondo quanto riportato ieri dal Messaggero in un caso già depositata (notizia però smentita da via Prenestina).

Ora spetterà al Consiglio comunale dare il via libera alla proceduta (il 7 settembre), poi alla sindaca preparare la delibera dettagliata da far approvare in aula Giulio Cesare e infine ai giudici fallimentari definire un piano di rientro accordandosi con i creditori (tra i quali lo stesso Comune e la Regione), dopo che saranno consegnati i libri contabili. Il patrimonio Atac sarà così protetto da una moratoria che va dai sei mesi a un anno.

«Parte la rivoluzione che trasforma la più grande società pubblica di trasporti d’Europa in una azienda efficiente», scrive su Facebook la sindaca Raggi con toni appena enfatici. In sostanza, spiega nel lungo post, «abbiamo un obiettivo chiaro: Atac deve rimanere pubblica. Mettiamo in opera uno strumento per trasformare radicalmente l’azienda e che mira a tutelare i livelli occupazionali. I lavoratori onesti non hanno nulla da temere. È un cammino che richiede coraggio, determinazione e una visione di lungo periodo. Nessuno in passato ci ha provato. Al contrario, hanno preferito non intervenire e lentamente hanno “spolpato” un patrimonio di tutti i cittadini con il preciso obiettivo, oggi evidente a tutti, di svendere ai privati. Non credete alla propaganda di chi vuole far fallire questa azienda».

Contro il concordato preventivo e soprattutto contro il modo di cui il Cda ha dato notizia ieri con un secco comunicato, si sono espressi in molti, nelle opposizioni. «Una scelta inaccettabile nel merito e nel metodo», afferma Stefano Fassina di SI che accusa la giunta di aver scelto la via più pericolosa e dalle conseguenze incerte senza averne discusso né in Commissione né in Assemblea capitolina, come richiesto da tempo. Per il Pd l’«alto costo» di questa manovra verrà pagata da cittadini e creditori.

Cgil Cisl e Uil per il momento attendono di confrontarsi con l’assessora ai trasporti Linda Meleo, che ha convocato le rappresentanze sindacali dei dipendenti Atac per il 6 settembre, «su un piano industriale serio che abbia come presupposti ineluttabili sia il percorso di risanamento dell’azienda che la salvaguardia dei livelli occupazionali e retributivi attuali».