La Medicine and Healthcare products Regulatory Agency britannica ha approvato ieri il vaccino anti-Covid ideato all’università di Oxford e prodotto dalla AstraZeneca. L’approvazione è basata sui risultati degli studi clinici su oltre ventimila volontari svolti nel Regno Unito, in Brasile e in Sudafrica. Il vaccino, che può essere conservato alle temperature di un normale frigorifero, è destinato alla popolazione al di sopra dei 18 anni di età e prevede due dosi, da somministrare a distanza di 1-3 mesi l’una dall’altra. Il Joint Committee on Vaccination and Immunization, un comitato di esperti indipendenti che fornisce pareri al governo inglese in materia di vaccinazioni, ha consigliato di somministrare la prima dose dei vaccini disponibili a più persone possibile prima di iniziare con la seconda. «In questo modo si otterrà il maggior beneficio in termini di salute pubblica nel breve periodo e saranno salve più vite umane», ha scritto il comitato.

IL REGNO UNITO È DESTINATO a rimanere per qualche tempo l’unico Paese occidentale in cui il vaccino AstraZeneca sarà disponibile. Proprio ieri l’Agenzia europea del farmaco (Ema) ha comunicato che difficilmente il vaccino di Oxford sarà approvato entro gennaio, perché non vi sono ancora sufficienti dati a disposizione. La Food and Drug Administration statunitense attende i risultati di un nuovo studio clinico del vaccino sul suolo americano prima di prendere una decisione. Secondo Moncef Slaoui, direttore del programma statunitense di sostegno allo sviluppo di nuovi vaccini «Warp Speed», la valutazione arriverà presumibilmente nel mese di aprile.

I dubbi delle agenzie europee e statunitensi derivano dai tanti punti ancora oscuri sull’efficacia del vaccino AstraZeneca. In primo luogo, gli studi pubblicati finora mostrano che l’efficacia del vaccino è pari al 62%, molto lontano da quel 90% raggiunto dai vaccini di Pfizer e Moderna.

SUL DOSAGGIO OTTIMALE, inoltre, c’è ancora confusione: il vaccino ha mostrato un’efficacia del 90% con una dose iniziale dimezzata, ma la Mhra ha scelto di autorizzare il dosaggio pieno.

Anche la proposta di prolungare di tre mesi l’intervallo tra la prima e la seconda dose desta perplessità. Gli studi di fase 2, infatti, hanno mostrato infatti che la prima dose produce una quantità di anticorpi ridotta di circa la metà rispetto a quella che si ottiene dopo il richiamo, in particolar modo negli anziani che rappresentano la categoria prioritaria da sottoporre a vaccinazione.

SECONDO GLI ESPERTI per la seconda dose non c’è fretta. «L’efficacia arriva fino all’80% quando trascorrono tre mesi tra la prima e la seconda dose», ha spiegato Munir Pirmohamed, uno degli esperti che ha partecipato alla valutazione del vaccino. In realtà i dati pubblicati dimostrano che in chi ha ricevuto la seconda dose dopo più di 8 settimane, il vaccino ha avuto all’incirca la stessa efficacia (65%) rispetto al resto del campione.

INFINE, GLI STUDI CLINICI hanno dimostrato che il vaccino non previene le infezioni asintomatiche: almeno in teoria, dunque, i vaccinati possono essere ancora contagiosi e questo potrebbe influire sul raggiungimento dell’agognata immunità di gregge.

Nonostante tutti i punti interrogativi, la decisione su AstraZeneca da parte delle autorità britanniche soddisfa la necessità tutta politica di mostrare l’autosufficienza in campo sanitario del Regno Unito dopo la Brexit. Il premier Boris Johnson ha parlato di «trionfo della scienza britannica». Nelle scorse settimane, ha rivelato uno scoop dell’Huffington Post inglese, Johnson aveva tentato di convincere AstraZeneca a stampare una bandiera britannica sulle etichette delle fiale. Il Paese è attualmente l’unico nel campo occidentale ad avere due vaccini già autorizzati al commercio.

LA SOCIETÀ HA ANNUNCIATO di non voler ricavare profitti dal vaccino e che per i Paesi in via di sviluppo il costo del vaccino rimarrà intorno ai tre dollari a dose. Il vaccino è stato già ceduto in licenza al Serum Institute of India, che prevede di produrne 100 milioni di dosi al mese. AstraZeneca partecipa anche al programma Covax dell’Oms. L’accordo prevede di fornire 2 miliardi di dosi di vaccino destinati ai Paesi più poveri entro la fine del 2021.