Tutto rinviato a domani, dopo undici ore di trattative che non bastano per far cambiare direzione a Thyssen Krupp, così come chiedono compatti i sindacati metalmeccanici. La vertenza Ast si conferma una volta di più guerra di trincea. Con l’azienda che non arretra, e Fiom &c. pronte all’ennesima mobilitazione in difesa dello stabilimento ternano. Nel mezzo il governo, la cui non-politica industriale, che ha fatto della siderurgia italiana una terra di conquista per le multinazionali continentali ed extraeuropee, mostra anche in questa occasione tutta la sua inconsistenza. Unica nota positiva della giornata, fanno sapere i sindacati al termine dell’incontro, la teorica disponibilità della multinazionale a entrare finalmente nel merito delle voci relative all’assetto societario, alle strategie commerciali e agli investimenti.

Alla vigilia dell’ennesimo incontro al ministero dello sviluppo economico, le tute blu di Acciai Speciali Terni erano state chiare: «Avevamo aperto un confronto per costruire una soluzione condivisa alternativa al piano industriale presentato da Thyssen a luglio. Invece la multinazionale non si è mossa di un passo dalla sua posizione iniziale, quella di un piano contraddittorio e fatto soltanto di tagli che di fatto vanno a colpire ancora una volta i lavoratori. E anche il governo, dopo l’autorevolezza iniziale che ha consentito di avviare un percorso, non sta operando per determinare un cambio di passo».

I risultati sono presto detti: al ritiro temporaneo – per soli trenta giorni – del (non) piano industriale che prevede 550 licenziamenti e la chiusura di uno dei due forni fusori di Ast, è seguito un prolungato impasse, esiziale per il futuro produttivo dell’acciaieria umbra. Le voci interne allo stabilimento raccontano addirittura di un blocco della raccolta degli ordinativi, deciso da un management aziendale che risponde solo ai desiderata dei vertici tedeschi della multinazionale. Pronti, non per caso, ad affiancare l’ad Lucia Morselli anche nell’ultima maratona vertenziale di inizio settembre.

Ma anche i lavoratori e i loro sindacati non mollano, pur consapevoli della difficoltà dell’impresa. «Abbiamo presentato dati tecnici, numeri chiari e proposte mirate – osserva Claudio Cipolla della Fiom di Terni – eppure non stiamo riuscendo a fare breccia nel muro alzato dall’ad Lucia Morselli. E’ chiaro, dunque, che non c’è, o forse non c’è mai stata, una reale volontà di confronto costruttivo».

Più in dettaglio, i sindacati hanno presentato un “contropiano” che permette di raggiungere i 100 milioni di risparmi chiesti da Thyssen Krupp senza licenziare i 550 operai (su 2.800) e senza chiudere il forno fusorio. «La voce del personale incide sul fatturato totale di Ast solo per il 5% – spiegano i metalmeccanici – mentre secondo il piano industriale il taglio del costo del lavoro dovrebbe essere di ben 40 milioni. Noi invece pensiamo che si possa lavorare sul restante 95% dei costi, per recuperare non solo le risorse previste, ma anche di più».

Tra le voci su cui intervenire i sindacati indicano le materie prime, dove un risparmio del 3% sul reperimento del rottame varrebbe 50 milioni di euro, e il capitolo energetico, dove normalizzando i costi potrebbero essere risparmiati circa 25 milioni di euro. «Questo permetterebbe di ottenere sostanzialmente i risparmi previsti – chiudono Fiom, Fim, Uilm, Ugl e Fismic – senza andare a toccare gli impianti, i volumi produttivi e l’occupazione in fabbrica».