La fabbrica è salva. Anche se, come avvenne dieci anni fa con il trasferimento in Germania del settore gioiello del magnetico, i lavoratori degli Acciai Speciali Terni pagano nuovamente il prezzo delle scelte di Thyssen Krupp. Altri 290 addetti lasciano lo stabilimento di viale Brin, accettando i 60mila euro netti offerti dall’azienda in cambio delle dimissioni volontarie. «Il sacrificio occupazionale – segnala al riguardo Salvatore Barone della Cgil – con la perdita di 290 posti di lavoro, resta pesante». Però Ast continuerà a produrre e lavorare gli acciai inox, con un vero piano industriale. Tutt’altra storia rispetto al non-piano che, il 17 luglio scorso, dette il via a una sollevazione operaia, popolare, anche politica e istituzionale, che è già nella storia dell’Umbria e del paese.

Fino all’ultimo Lucia Morselli ha cercato di far pendere ulteriormente il piatto della bilancia dalla parte dell’azienda di cui è amministratrice delegata. «Nel corso dell’ultima fase della trattativa – rivela Marco Bentivogli della Fim Cisl – abbiamo respinto il tentativo di introdurre la cassa integrazione straordinaria per 400 lavoratori per due anni».

Alla fine però, dopo cinque mesi di vertenza durissima, 35 giorni di sciopero nello stabilimento e 25 ore di discussione non-stop al ministero dello sviluppo economico, l’ipotesi di accordo è stata firmata da azienda, governo e sindacati metalmeccanici. «Grazie alla lotta straordinaria dei lavoratori – tira le somme Maurizio Landini – è stato cambiato radicalmente il piano iniziale».

In dettaglio, spiega Mario Ghini della Uilm, è prevista «una produzione minima di acciaio colato di un milione di tonnellate l’anno, 100 milioni per aumentare l’efficienza dei due forni fusori, e un potenziamento della rete commerciale, con Tk Materials, per consentire l’incremento di questa soglia minima di produzione, se le condizioni di mercato lo consentiranno, grazie all’impegno dell’azienda a sviluppare le vendite nel comparto nazionale e mediterraneo». Previsto anche l’aumento delle produzioni a freddo (700mila tonnellate annue), anche con il completamento della nuova linea, con un investimento di 20/30 milioni. «Altri 10 milioni sono previsti per ricerca e sviluppo – chiude Ghini – e Thyssen Krupp valuterà la realizzazione di un interconnector fisico, per abbattere i costi energetici».

«La durata del piano industriale sarà di quattro anni – aggiunge il segretario della Fiom Landini – Tk si impegna a non vendere, sono esclusi i licenziamenti e sono tutelate le condizioni di lavoro. I punti salariali più importanti sono stati mantenuti, con le maggiorazioni per il lavoro notturno, il premio di produttività, l’indennità di chiamata e l’indennità di presenza domenicale».

Finisce così nel cestino la disdetta unilaterale del contratto integrativo. Sulla carta poi Ast si impegna ad inserire stabilmente in azienda i contratti a tempo determinato e gli apprendisti, e a gestire eventuali, futuri esuberi con la fuoriuscita esclusivamente volontaria e incentivata. Infine, per quanto riguarda gli appalti, dopo l’accordo fra Tk e la multinazionale Harsco che controlla Ilserv, gli enti locali umbri anticipano che con i fondi europei saranno sostenute l’innovazione e la qualificazione dell’intero indotto Ast: «Questo al fine di favorirne la continuità occupazionale e il reimpiego presso le aziende subentranti in esito a procedure di appalto. Sempre per i lavoratori prevediamo, se necessario, modalità concordate di gestione degli ammortizzatori sociali». Ogni sei mesi è previsto un check al ministero per valutare l’effettiva messa in pratica del nuovo piano industriale. E da oggi, revocato lo sciopero, partono le assemblee informative in vista del voto sull’ipotesi di accordo. «Sudato ma ottimo», lo giudica il premier Matteo Renzi. Che poi gonfia il petto rispondendo al question time nell’aula di Montecitorio: «La centralità dell’impresa siderurgica è cruciale». Ma guarda un po’