Stefano Fassina, con la vittoria di AlexisTsipras in Grecia cosa cambia in Europa da stamattina?

Innanzitutto la vittoria greca rianima la democrazia. È una vittoria del valore democratico del voto. Per la prima volta dopo tanto tempo nell’eurozona la politica torna ad essere scelta. Da tempo non c’era una forza competitiva per il governo che vinceva con un programma alternativo all’agenda mercantilista dell’eurozona. I cittadini greci, nonostante le minacce di scenari catastrofici, hanno scelto la strada alternativa a quella del memorandum della Troika. Non è poca cosa, e non era scontato date le pesantissime ingerenze esterne, in una condizione di debolezza della Grecia. E poi con questa vittoria nel dibattito pubblico trova finalmente legittimità un paradigma diverso, fino ad oggi confinato al dibattito dell’accademia o agli appelli degli economisti. Invece ora sarà sul tavolo dei consigli dei capi di stato e di governo a Bruxelles.

Intende dire che il suo Pd, che ha quasi vinto nel 2013, non era alternativo alle politiche dettate dalla Troika?

Il Pd nel 2013 non ha vinto. E comunque certo non aveva un impianto alternativo. Anzi credo che non abbiamo vinto proprio perché siamo apparsi subalterni all’agenda Monti.

Ora qual è lo scenario che lei ritiene più probabile?

Ci sarà la disponibilità alla ristrutturazione del debito, anche perché il debito è oggettivamente insostenibile. In quale misura, sarà oggetto di discussione, ma al di là delle posizioni di ciascun governo, ci si arriverà e la misura sarà significativa. Sarà invece molto più complicato su un versante a cui fin qui si è prestata poca attenzione: il programma di Syriza per quanto riguarda il lavoro e il welfare è un’inversione di cent’ottanta gradi rispetto all’agenda della Troika. Il programma di Salonicco (presentato da Alexis Tsipras, ndr) smonta le misure di liberalizzazione dei licenziamenti individuali e collettivi, e rafforza la contrattazione nazionale.

Questo porterà a uno scontro con gli altri governi europei?

Credo di sì, perché mentre fin qui la ristrutturazione del debito è già stata fatta, ma a fronte di politiche di svalutazione del lavoro. In questo caso invece la novità è che nel programma di Syriza la ristrutturazione del debito è nel quadro di una rivalutazione del lavoro e di una ricostruzione del welfare. Ci sarà una fase di conflittualità. Ma spero che i governi europei di orientamento progressista e tutta la famiglia dei socialisti europei sostenga Syriza e la sua richiesta di radicale correzione dell’agenda economica.

Tsipras sostiene di pensarla come Renzi sull’uscita dalle politiche di rigore. E verso il premier italiano ha già lanciato segnali di collaborazione.

Per Syriza è assolutamente necessario cercare le alleanze più larghe possibili in Europa. Per quanto riguarda il debito l’Italia ha una situazione non lontana da quella greca quindi si capisce bene la richiesta di collaborazione da parte di Tsipras. E il governo italiano, che fa parte del Pse ed è il governo di un paese importante, può anzi deve essere un alleato per la Grecia.

Tsipras usa verso Renzi toni meno ruvidi di quelli che usa lei?

Il punto sono sempre gli obiettivi. Capisco che Tsipras cerchi terreni di convergenza. Certamente il cosiddetto ’jobs act’ del governo Renzi è l’esatto opposto del programma di Syriza sul lavoro.

La vittoria della sinistra radicale in Grecia cambia qualcosa per l’Italia e per il Partito democratico?

Credo di sì. Certamente si apriranno più spazi per le posizioni di chi in questi anni ha proposto una rotta alternativa al mercantilismo liberista.

La sinistra radicale ora prenderà una boccata d’aria. Crede che potrebbe nascere una qualche Syriza italiana?

Dall’assemblea di Sel a Milano, alla quale ho partecipato (ieri mattina, ndr) è emersa l’esigenza di un lavoro comune fra persone che militano in partiti diversi , fra rappresentanti degli interessi economici e sociali, del volontariato e della cultura. Da Atene arriva un messaggio che spinge verso un lavoro comune. Dobbiamo raccoglierlo. Ma dobbiamo dare priorità ai contenuti, non ai contenitori