Professore ordinario di Scienza Politica, delegato dell’ateneo senese alle relazioni internazionali, Luca Verzichelli guarda alle imminenti elezioni comunali vedendo confermate alcune caratteristiche della città. Ma anche con una novità di non poco conto: “L’unico partito che negli ultimi dieci anni ha rappresentato un’indubbia novità del sistema politico italiano, a Siena non c’è”.

– Professore, come spiega la decisione del mitologico ‘staff nazionale’ del M5S di non correre in piazza del Campo?

“Non si può non pensare che l’assenza dei Cinque Stelle si leghi a doppio filo alla politica nazionale. Il passaggio ‘contrattuale’ con la Lega ha evidentemente imposto un blocco alle, legittime, aspirazioni dei pentastellati senesi. Con un sistema così frastagliato, che vede nove candidati a sindaco, il 18-20% del M5S avrebbe permesso al loro candidato di avere più di una chance di arrivare al ballottaggio. E in quest’ultimo passaggio, ci insegnano le recenti esperienze di altre città, i Cinque Stelle diventano ancor più competitivi. Qui c’è molta amarezza fra i simpatizzanti del movimento. Per certo decidere di non dare la ‘certificazione’ è stato un atteggiamento che denota poca attenzione a quello che è, in teoria, un argomento principe dei Cinque Stelle, e cioè la ricerca del ‘bene comune’”.

– Secondo lei chi si avvantaggerà della loro assenza ?

“Tutti sono convinti che sarà un fattore di aiuto all’asse di centrodestra, già forte di suo. Luigi De Mossi dovrebbe consolidare così al primo turno la sua posizione di sfidante, e arrivare al ballottaggio senza troppi problemi”.

– Certo la concorrenza non manca: un comune di 60mila abitanti e nove candidati a sindaco, che potevano essere addirittura dieci. Come le contrade in corsa per il Palio.

“Questo si può spiegare con il fatto che Siena è una città caratterizzata da un sistema di valori ‘locali’ molto forte. La risposta alla partitocrazia, non solo da queste parti, è stata la lista civica. Che non va confusa però con esperienze nominalmente analoghe, ma che in realtà diventano lo strumento di questo o quell’attore politico. Per spiegarsi, i candidati Sportelli e Piccini sono civici. Non lo è invece Pinciani, che di fatto corre contro Valentini pur appartenendo allo stesso partito. Lo è più De Mossi, che è partito dalla sua lista civica per poi federare intorno alla sua figura l’intero centrodestra. Quanto alla sinistra, che schiera Alessandro Vigni, sarà interessante vedere la forza delle due realtà politiche che lo sostengono, sia Sinistra per Siena che Potere al Popolo”.

– Anche il ricandidato sindaco Valentini, oltre al Pd, ha l’appoggio di In Campo. Questo sembra confermare l’importanza del fattore civico ?

“Potremmo dire che Siena ha un ‘sistema partitico’ cittadino. Quanto a Valentini, il Pd lo ha ufficialmente appoggiato, seppur alla fine di un percorso accidentato. E gli si deve riconoscere un ruolo coerente con una visione di rinnovamento, sia pur piuttosto lento. Ricorda il celebre slogan della Dc, quello del ‘rinnovamento nella continuità’. E comunque ha un disegno per la città. Può piacere o meno, ma è un progetto. Ed è lui, secondo me, che arriverà al ballottaggio contro De Mossi. Perché in questi cinque anni di amministrazione ci ha messo grande impegno, e alcune risposte le ha date. Staremo a vedere se questi elementi sono stati apprezzati da un corpo elettorale che ha ancora paura di quello che lo aspetta in futuro, dopo la fortissima crisi del Monte dei Paschi che rende tuttora incerta la conservazione in città della governance della banca. Su questo aspetto, e così torniamo al rapporto con la politica nazionale, si gioca una partita che può essere decisiva per la vittoria alle comunali e la conquista di Palazzo Pubblico”. (ri.chi)