I movimenti per il diritto all’abitare a Roma vogliono uscire dall’angolo dove il governo, alcuni quotidiani e la magistratura, li vogliono costringere. Prima gli sgomberi, senza indicare una soluzione per le famiglie messe in mezzo ad una strada; poi l’arresto dei portavoce Paolo Di Vetta e Luca Fagiano; infine la notizia riportata da «Il Tempo» di un fascicolo prodotto dal pool antiterrorismo che chiede lo sgombero di 60 edifici. Su tutto, il Piano Casa licenziato dall’esecutivo di Matteo Renzi che porta il nome del ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi. L’articolo 5 del provvedimento viene considerato un attacco alle occupazioni abitative perché nega l’allaccio di utenze, impone il distacco di acqua, gas e luce e respinge la possibilità di chiedere la residenza.

I movimenti hanno affrontato questi problemi durante un’assemblea convocata nella Sala del Carroccio in Campidoglio a Roma. Allo stesso tavolo si sono seduti alcuni esponenti istituzionali. Ad aprire l’assemblea uno dei volti storici della lotta per la casa, Bruno Papale: «chiediamo alla politica una nuova maniera di confrontarci – ha detto – L’emergenza abitativa deve essere affrontata come una questione sociale, non delegare la soluzione del problema alla stampa e alla magistratura». L’ex consigliere comunale di Action Andrea Alzetta, ha accompagnato al tavolo una signora dell’occupazione di via Pecile, una dei primi casi di diniego della residenza con l’applicazione dell’articolo 5. «Noi così non esistiamo, siamo invisibili» ha detto la donna. «Le occupazioni – ha aggiunto Alzetta – conferiscono al patrimonio pubblico e privato abbandonato un senso sociale, non indicano solo la soluzione dell’emergenza abitativa. Questo patrimonio deve essere messo a disposizione della città e non venduto per buttare dei soldi nel pozzo senza fondo del debito».

Per la parlamentare di Sel Celeste Costantino l’articolo 5 equivale all’istituzione del reato di povertà: «prima è diventato illegale essere clandestini, ora sei perseguitato anche se povero». Ha preso la parola Roberta Lombardi, una degli esponenti più in vista del Movimento 5 stelle, che ha già portato la sua solidarietà a Paolo Di Vetta, ristretto ai domiciliari. Per M5S i contributi pensionistici dovrebbero finanziare un piano per l’emergenza abitativa e direttamente le pensioni. «Siamo disponibili a fare da scudi umani contro gli sgomberi e gli sfratti» ha detto Alessandro Di Battista (M5S). Per l’ex segretario del Pd romano Marco Miccoli, ora parlamentare e aperto al dialogo a sinistra del suo partito, il compito più duro: rappresentare quello che è indicato come principale responsabile della stretta repressiva: il Partito democratico. «Quello della casa non è un problema di ordine pubblico – ha detto – non sono gli arresti che risolvono il problema dell’emergenza abitativa». Per Miccoli, è necessario un confronto sull’uso dei fondi stanziati dal decreto Lupi contro gli sfratti per morosità incolpevole e per chiarire come l’articolo 5 non può essere retroattivo. Ma alla platea questo non è bastato. «Il blocco degli sfratti lo abbiamo chiesto incontrando anche Lupi e con grandi manifestazioni, ma il parlamento non l’ha mai votato» hanno sostenuto Luciano dei Blocchi Precari Metropolitani e l’avvocato dei movimenti Perticaro.

Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione Comunista, ha annunciato l’azione di protesta dell’europarlamentare della Lista Tsipras Eleonora Forenza che, in occasione del discorso di Mattero Renzi a Bruxelles in occasione dell’inizio del semestre europeo a guida italiana, ha esposto un manifesto di solidarietà con i movimenti italiani. In sala altri amministratori di centrosinistra, soprattutto dei municipi, hanno espresso la loro preoccupazione sulle conseguenze dell’applicazione dell’articolo 5. Tutti convinti della sua incostituzionalità.