L’ora del processo per l’omicidio di Thomas Sankara – il «Che Guevara africano», ucciso nell’ottobre del 1987 – è finalmente arrivata in Burkina Faso. Domani alle 9 prenderà il via davanti alla corte militare di Ouagadougou, mettendo fine a più di trent’anni di attesa, durante i quali l’inchiesta giudiziaria è stata prima seppellita e nuovamente rilanciata, dopo la caduta del regime di Blaise Compaoré nel 2014.

IN TOTALE 14 GLI IMPUTATI – visto che altri sono morti in questi anni – chiamati a comparire. Tra di loro membri del commando omicida, generali come il comandante delle forze armate Gilbert Diendéré, ma soprattutto il vero mandante e responsabile della sua morte: l’ex presidente-dittatore Blaise Compaoré, attualmente in esilio in Costa d’Avorio.

Voleva «decolonizzare le mentalità» nel suo paese e in Africa, dove è diventato un’icona. Thomas Sankara è stato un leader carismatico per tutto il Sahel, visto che più di dieci partiti politici in tutta l’area affermano di fondarsi sui suoi ideali progressisti.
Dopo una formazione militare, nel 1976 Sankara divenne comandante del centro di addestramento dell’esercito, ma in aperto contrasto con la presidenza del colonnello Zerbo, formò insieme ad altri ufficiali, tra cui l’amico/nemico di sempre Blaise Compaoré, il Raggruppamento degli ufficiali comunisti (Roc).

NEL 1982, DOPO IL GOLPE che portò al potere Jean Baptiste Ouédraogo e i contrasti politici con il nuovo dittatore, Sankara venne comunque nominato primo ministro grazie alla sua crescente popolarità tra l’esercito e la popolazione. Fino al 1983, quando all’età di 34 anni divenne presidente dopo l’ennesimo colpo di stato, sostenuto militarmente dal regime libico di Gheddafi.
Le prime decisioni che prese furono il cambio del nome da Alto Volta in Burkina Faso (nella locale lingua Djoula «Terra degli uomini onesti») e il suo impegno sulle riforme sociali. In poco tempo finanziò progetti con l’obiettivo di eliminare la povertà e la fame del suo popolo, come quello contro la desertificazione, con una serie di investimenti per la costruzione di scuole, ospedali e case. E invitò l’Africa a «non pagare il suo debito con i paesi occidentali», denunciò all’Onu le guerre «imperialiste», l’apartheid, la povertà, difese il diritto dei popoli oppressi all’autodeterminazione come in Palestina e nel Sahara Occidentale.

POSIZIONI POLITICHE FORTI proprio a causa delle quali la parentesi sankarista è stata di breve durata, fino al 15 ottobre 1987, quando si recò ad un Consiglio dei ministri straordinario e fu assassinato durante un colpo di stato organizzato da Blaise Compaoré. E, secondo alcune tesi, con l’appoggio di Usa e Francia.

Blaise Compaoré, che non si presenterà davanti alla corte domani, ha sempre negato «di aver ordinato l’assassinio del fratello d’armi e amico intimo». Per l’International Thomas Sankara Memorial Committee (Cimts), questo processo è «una vittoria» che dimostra che «il Burkina Faso, patria degli uomini onesti, è uno stato di diritto in cui l’impunità non è un punto di riferimento».