Con una nota battuta si potrebbe commentare che Omar Nayef Zayed «è stato morto». Perchè tutti, anche quelli che si mostrano cauti, sanno che è stato ucciso il «ricercato palestinese» trovato ieri «senza vita» nel giardino dell’ambasciata della Palestina a Sofia, dove si era rifugiato due mesi fa per sfuggire a un ordine di estradizione per un delitto avvenuto nel 1986 a Gerusalemme e per il quale si era sempre proclamato innocente. La stessa Procura bulgara, citata dall’agenzia locale Bta, afferma che si tratta di una «morte violenta». I palestinesi non hanno dubbi: Zayed è stato eliminato dal Mossad israeliano. E lanciano accuse di «complicità» alla Bulgaria. Due giorni fa il premier bulgaro Boyko Borissov era in Israele e ha incontrato il primo ministro Netanyahu. Durante i colloqui, scriveva ieri quotidiano di Tel Aviv Yediot Ahronot, è stata affrontata anche questione Omar Nayef Zayed. Il caso ha fatto correre la memoria a famosi omicidi compiuti dal Mossad, il servizio segreto israeliano. Come quello di Mahmoud al Mabhouh, un comandante militare di Hamas assassinato in un hotel di Dubai il 19 gennaio 2010. O quello, lontano nel tempo, del 16 ottobre 1972 a Roma di Wael Zwaiter, un traduttore e intellettuale palestinese, eliminato da un commando dell’Operazione “Mivtza Za’am Ha’el”, lanciata dalla premier Golda Meir come rappresaglia per le uccisioni di 11 atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco.

Tra la gente dei Territori occupati prevale rabbia e sconforto, anche per il comportamento mantenuto dall’ambasciatore palestinese a Sofia, Ahmad Madbough, che, dicono più fonti, non avrebbe garantito protezione a Zayed, anzi gli aveva intimato di lasciare la sede diplomatica. Per il presidente palestinese Abu Mazen è stato «un crimine atroce» e, ha garantito, della morte di Zayed si occuperà una commissione d’inchiesta. Le sue parole però non hanno impressionato la gente comune e le forze politiche palestinesi. Il Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp), di cui Zayed era stato un militante, ha puntato l’indice anche contro l’Anp, arrivando ad accusare i rappresentanti della Palestina a Sofia di aver in qualche modo collaborato all’eliminazione del palestinese in fuga. «Riteniamo responsabile l’Anp e l’Ambasciata palestinese in Bulgaria che non sono riusciti a proteggerlo, il governo bulgaro e le forze di sicurezza che hanno pedinato il compagno Zayed per più di tre mesi nel tentativo di arrestarlo e incarcerarlo», ha scritto in un comunicato il Fplp. Il movimento islamico Hamas ha chiesto le dimissioni immediate del ministro degli esteri dell’Anp Riyad al Malki e dell’ambasciatore a Sofia. Pesano inoltre le accuse della famiglia di Zayed rivolte all’Anp e alla rappresentanza diplomatica palestinese in Bulgaria.

Zayed, 51 anni, originario di un villaggio a pochi km da Jenin, era stato condannato nel 1986, assieme a un altro palestinese, per l’uccisione di un israeliano, Eliyahu Amadi, nella città vecchia di Gerusalemme. Successivamente denunciò di essere stato costretto a confessare sotto tortura un delitto che non aveva commesso. Nel 1990 scappò da un ospedale di Betlemme dove era ricoverato per le conseguenze di uno sciopero della fame cominciato proprio per affermare la sua innocenza. Fece perdere le sue tracce e nel 1994 arrivò in Bulgaria dove poi ha sposato una donna del posto. In questi ultimi venti anni la linea di Sofia in politica estera sì è profondamente modificata fino a fare del Paese, un tempo parte dell’orbita sovietica, uno stretto alleato di Israele. Così quando a dicembre Tel Aviv ha chiesto l’estradizione del “ricercato” palestinese, le autorità bulgare hanno dato a Zayed tre giorni di tempo per consegnarsi. L’uomo si è rifiutato di farlo e ha continuato a vivere nell’ambasciata dove nel frattempo si era rifugiato. Fino a ieri, quando il suo corpo coperto di sangue è stato ritrovato nel giardino della sede diplomatica. Ancora in vita al momento del ritrovamento, Zayed è morto durante il trasporto in ospedale. Secondo il Fronte popolare gli avrebbero sparato alla testa. Invece sarebbe stato scaraventato nel vuoto, dal quarto piano dell’edificio, per un’altra versione dell’accaduto. Da parte del governo israeliano non è giunto alcun commento ufficiale, come sempre accade in queste occasioni.

Le notizie giunte dalla Bulgaria non hanno attenuato la gioia di tanti palestinesi per l’annuncio di un accordo tra Israele e il giornalista Mohammed al Qiq, in sciopero della fame da oltre 90 giorni. Al Qiq sarà liberato il 21 maggio alla scadenza dei sei mesi di “detenzione amministrativa” (senza processo e prove di reato) decisi lo scorso novembre dalle autorità militari israeliane che ora si sono impegnate a non rinnovare oltre il provvedimento extragiudiziario. Al Qiq ha ringraziato tutti coloro che lo hanno sostenuto in questi tre mesi in cui è arrivato a un passo dalla morte.