L’assalto a colpi di molotov, petardi, mazze ferrate e pietre contro un gruppo di 150 migranti, quasi tutti siriani, nell’isola di Chios, avvenuto venerdì notte, non ha fatto morti, ma feriti, sì. E una cinquantina di tende, dove vivevano accampate le famiglie da quest’estate, sono state distrutte, costringendo i rifugiati ad andarsene in fretta e furia con bambini e masserizie. Non si tratta, ovviamente, di un gesto ad opera di cittadini «arrabbiati ed impauriti», come qualcuno vorrebbe far credere, ma di scontri organizzati e messi in atto da membri e simpatizzanti di Alba Dorata.

Il giovane profugo siriano che è stato colpito alla testa da una grossa pietra, è stato ricoverato nell’ospedale di Chios. Un venticinquenne algerino, si trova in terapia intensiva, sempre nello stesso ospedale. È il bilancio di tre giorni di tensioni e attacchi contro il campo profughi di Souda, a Chios, che ospita circa quattromila persone.

Alba Dorata ha organizzato la sua «festa dell’odio» nell’isola, dedicata al «grande tema dell’immigrazione clandestina», e subito dopo – guarda caso – la tensione è salita alle stelle e sono partiti gli attacchi.

Alcuni profughi, molto probabilmente per rispondere alle provocazioni dei neonazisti, si sono impadroniti di fuochi d’artificio, sottratti da un negozio della zona. Hanno cercato di accenderli, ma molti sono caduti all’interno del campo. Un’azione di protesta legata, forse, anche alla paura di venire rimandati indietro in Turchia, e all’esasperazione dovuta alle lunghe procedure burocratiche di registrazione.

Gli estremisti di destra, tramite i social media, si sono dati subito appuntamento all’entrata del campo profughi, brandendo mazze di ferro e aste di legno. È partito anche il lancio di molotov, che hanno incendiato e distrutto decine di tende. Come ha dichiarato al quotidiano Efimerida Syndaktòn una volontaria del campo, dove vivono circa 4 mila profughi, i poliziotti, quando sono intervenuti, hanno rassicurato i profughi che la situazione era tornata alla calma e che non c’era motivo di avere paura. Poco dopo, tuttavia, il lancio di molotov e iniziato nuovamente, come se niente fosse. Quaranta profughi e tre volontari sono stati fermati per la sottrazione dei fuochi d’artificio. Ma quello che dovrebbe venire indagato a fondo, sono le relazioni tra parte degli agenti e i neonazisti autori dell’attacco xenofobo: secondo la stampa locale, alcuni poliziotti, nei momenti ad altissima tensione che ha vissuto Chios, sembravano essere in rapporti tutt’ altro che formali con i neonazisti greci.

Da parte sua, Amnesty International ha chiesto alla giustizia greca «di mobilitarsi immediatamente per poter individuare i responsabili di questi reati» e per riuscire a proteggere i profughi dai continui attacchi dell’estrema destra. Anche l’Alto commissariato Onu per i rifugiati Filippo Grandi ha espresso la sua «forte preoccupazione» per le violenze avvenute contro il centro di rifugiati di Souda. A Chios è giunto ieri il viceministro greco responsabile per le politiche dell’immigrazione, Jannis Balàfas. «Non permetteremo a elementi che non hanno assolutamente nulla a che fare con i cittadini dell’isola di Chios di terrorizzare e malmenare le persone in nome di ben note idee e dell’odio che mostrano verso tutto ciò che è diverso da loro. Non lo accetteremo», ha sottolineato Balàfas.