È di oltre 40 morti il bilancio dell’esplosione che ieri ha colpito un deposito di armi a Brak al-Shati, vicino alla città libica di Sebha, a 600 chilometri a sud di Tripoli. Secondo la sicurezza libica, l’esplosione si è verificata dopo che un gruppo di 43 libici e migranti africani ha assaltato il deposito per impossessarsi delle munizioni contenute all’interno.
Il traffico di armi dalla Libia prosegue da mesi verso i paesi vicini. Il saccheggio di armi, abbandonate dall’esercito di Gheddafi, e di depositi ha spesso rifornito sia milizie salafite sia le guerriglie fondamentaliste africane, finendo anche nelle mani delle bande criminali che gestiscono l’immigrazione clandestina. La strage di Sebha mette anche in evidenza la condizione dei migranti, che si trovano di passaggio verso l’Europa, nello stato nord africano. Le autorità libiche hanno annunciato ieri la fine dell’accordo con il governo del Sudan che prevedeva una forza congiunta per la sicurezza delle frontiere tra i due paesi africani. Contemporaneamente il ministro della Difesa libico, il colonnello Abdul Razzaq al-Shihabi ha spiegato che per il controllo della frontiera con il Sudan la Libia coopererà con il governo italiano che fornirà una copertura satellitare dell’area. Mentre proseguono i contatti con il governo nigeriano per mettere in sicurezza la frontiera sud-occidentale del paese. D’altra parte, proseguono le violenze a Bengasi. Tre soldati delle forze speciali dell’esercito regolare libico sono rimasti feriti ieri, mentre è di tre soldati morti e quattro feriti il bilancio degli scontri di giovedì in un assalto a una stazione di polizia. Salgono così ad una decina i morti in pochi giorni tra le forze speciali del Mushat a Bengasi e Derna, dove sono intervenuti per cacciare i miliziani islamisti radicali di Ansar Al Sharia.