Ci sarebbero anche un ministro di cui al momento non è stata resa nota l’identità e alcuni giornalisti ora ricoverati presso il Medina Hospital tra i feriti dell’autobomba esplosa martedì mattina all’esterno della residenza presidenziale di Mogadiscio, secondo quanto riferito dal ministro dell’informazione somalo Mohamed Abdi Hayir. A rivendicare l’attacco è stato ancora una volta il gruppo jihadista Al Shabaab.

Il bilancio provvisorio è di almeno 22 morti (tra cui soldati e civili) e 55 feriti. Secondo le prime testimonianze il kamikaze alla guida di un camion avrebbe forzato il posto di blocco nelle immediate vicinanze del palazzo presidenziale prima di far esplodere il veicolo. «Le forze di sicurezza hanno cercato di fermare l’attentatore che ha usato le strade secondarie prima di lanciarsi a tutta velocità contro i posti di blocco e far esplodere la bomba», ha detto il colonnello Ali Nur.

«Il veicolo è arrivato nei pressi del cancello della State House con le gomme a terra». Fortemente danneggiate le abitazioni e due hotel nelle immediate vicinanze tra cui il Somali Youth League (Syl) dove al momento dell’esplosione era in corso una conferenza sulla sicurezza. Non è la prima volta che il Syl viene preso di mira dai jihadisti somali. Era già successo lo scorso febbraio (14 vittime) e prima ancora a gennaio 2015 (5 morti).

Quello di ieri è l’ultimo di una serie di attentati degli Shabaab negli ultimi mesi con l’obiettivo finale di rovesciare il governo filoccidentale somalo. Appena una settimana fa, il 25 agosto, un’autobomba lanciata contro il Banadir Beach Restaurant sul lungomare di Mogadiscio ha provocato la morte di almeno 10 persone.

E ancora, domenica 21 agosto sono state più di 20 le vittime di due attentati kamikaze presso la sede del governo locale nella regione semi-autonoma di Puntland (nella Somalia nord-orientale), dove gli Shabaab sono diventati più attivi dopo essere stati cacciati dalle loro roccaforti a sud dall’offensiva delle forze dell’Unione Africana e dell’esercito nazionale somalo (bersaglio diretto quest’ultimo lo scorso luglio quando militanti di Al Shabaab hanno fatto irruzione in una base militare a 50 km da Mogadiscio uccidendo almeno 10 soldati).

Il 30 giugno nella città di Lafole, a sud-ovest di Mogadiscio, una bomba fatta esplodere al passaggio di un mini-bus ha ucciso almeno 18 civili. A Mogadiscio invece, il primo giugno scorso tre jihadisti avevano scatenato l’inferno all’interno dell’hotel Ambassador, uccidendo almeno 15 persone e ferendone 55, prima di essere uccisi dai soldati governativi dopo 12 ore di scontro a fuoco che metteva fine a un assedio di tre giorni. E a gennaio era stato il Beach View Cafe, sul lungomare, il bersaglio di due autobombe e di un assedio terminato con almeno 20 vittime.