Milano via Ripamonti, all’epoca periferia quasi estrema. Lì, a due passi dalla Vettabbia e da un distributore Agip sorge una tendopoli di scappati di casa. Non per modo di dire. Sono i giovani che hanno orecchiato il movimento americano, i provos olandesi e la voglia di cambiamento. Per il momento si limitano a cercare di vivere liberi. Come se fosse facile.
Il bombardamento mediatico è spaventoso. Fa orrore rileggere quel che scrivevano i quotidiani perbene, Corriere della sera in testa (lo stesso giornale liberale che a Roma invitava a menare chi suonava la chitarra in piazza di Spagna coi capelli solo un po’ più lunghi) Nella tarda primavera del ’67. In piazza Duomo deve arrivare la tappa conclusiva del Giro d’Italia e la contestazione arriva anche lì per contrastare la guerra in Vietnam.
Da tempo Milano è luogo deputato della controcultura, il mondo beat nasce qui, i giovani sembrano davvero voler respirare un’aria nuova, quando poi l’eco delle barricate parigine e poi tedesche e poi di tanti altri posti trova la nuova generazione di milanesi pronta. Il terreno è già stato seminato, così alla prima della Scala è contestazione e uova che volano dritte sugli abiti firmati e ostentati. Ma nessuno si è ancora reso conto che i tempi che prima stavano cambiando come cantava Bob Dylan, ora stanno prendendo una brutta piega. Sempre qui, a due passi dal Duomo, in via Larga, una grande manifestazione viene cancellata e criminalizzata dal morto: l’agente Annarumma.
Neppure cento metri più in là e neppure un mese dopo è strage in piazza Fontana. Alimentata da tv (Vespa al Tg) e giornali parte la caccia all’anarchico e a tutti i giovani di sinistra. Ai funerali in piazza Duomo il clima è lacerante. La tristezza devastante è superata solo dal risentimento nei confronti dei giovani che hanno osato. Pinelli vola dalla finestra in questura. Così, quel che sembrava dover diventare una stagione liberatoria prende una deriva anche cupa e militarizzata. I morti diventano troppi. Gli anni diventano di piombo. Portando a fondo tutto anche quello che di buono pur tra infinite difficoltà continuava a sopravvivere.