Il disco numero 9 degli Assalti Frontali ha esordito live al Forte Prenestino, a ratificare l’ideale contesto in cui la band ha mosso i suoi primi passi: Roma e il centro sociale. Ma Mille gruppi avanzano (Daje Forte daje/Goodfellas) è molto di più, sin dal titolo c’è l’immagine con cui la band ricuce il mondo, sgretolato dall’individualismo in una visione collettiva che, come ci ha detto il rapper Militant A, ritrova nei concerti e nelle scuole. Una tendenza, quella degli Assalti Frontali che, una volta tanto, permette di usare il sostantivo «coerenza» senza dubbi.

Ma se il rap in Italia è nato nelle posse, ora quello militante sembra sempre meno al centro della scena, eppure è stato un megafono di rivolta in cui soprattutto i più giovani si sono riconosciuti: «A ventisei anni dal primo disco ne ho viste tante. Il rap è cambiato, ora lo trovi nelle pubblicità e in tv, io ho avuto la fortuna di conoscere quello dei pionieri, della rivoluzione creativa. L’hip hop situation significava portare novità alla comunità, raccontando se stessi e il contesto in cui si vive. Che il linguaggio del rap sia ovunque è importante, non riesco a vederlo mai un fatto adolescenziale ma un’espressione poetica che attraversa tutte le generazioni. Riconosco che il rap del mainstream non è quello che vorrei, però nei live vedo che si ricrea quel momento di comunità. Nemmeno io mi identifico troppo nella categoria di rap militante, faccio piuttosto poesia della strada».

È un disco composito, in cui synth (per esempio in La fine dei sospiri) o una fisarmonica (ne Il lago che combatte) modulano un suono che in generale risulta meno aggressivo per gli A F. Resta l’impegno politico e l’indipendenza della parole: «È un disco suonato, molto musicale. La musica indipendente è una dimensione in cui ci troviamo a nostro agio, dove possiamo trovare i giusti tempi e modalità. Siamo contenti che la nostra musica venga scambiata in rete, a noi interessa fare concerti, poi chi stima il tuo lavoro magari compra il cd per aiutarti». Impossibile non soffermarsi su Rap della Costituzione, un brano scritto da Militant durante un laboratorio di rap svolto nella scuola elementare Iqbal Masih, vicino a Centocelle, o Il lago che combatte che a Roma ha portato a una bella vittoria: «Trasformare certe tematiche in arte richiede un grande sforzo di comprensione e in un periodo di distrazione e confusione diventa sempre più complicato. La gente si è sentita tradita e s’è disinnamorata della Costituzione ma, quando con questo laboratorio l’ho riletta attraverso gli occhi dei bambini, ne ho riscoperto i valori di cui proprio i bambini devono nutrirsi. Voglio dire che non dovremmo darla mai per scontata. Il lago che combatte (canzone che tratta il lago della ex Snia, fabbrica tessile di via Prenestina che rischiava l’esproprio, ndr) invece è uscita due anni fa, ma non era in alcun cd e ci ha fatto parlare con tutta la città e il sindaco: il lago oggi è una realtà e in via di Portonaccio, dove il cancello è sempre aperto. È una vittoria che fa bene, che racconta come le persone dal basso possano organizzarsi contro una gentrificazione che ci mette uno contro l’altro».

Dal 1991 ad oggi tanti sono stati i cambiamenti politico sociali che hanno destato interesse per gli Assalti Frontali, divenuti poi temi dell’ultimo album: «Di certo la scuola e i territori da riprendersi. Abbiamo la fortuna di fare almeno 50 concerti l’anno girando l’Italia, e ogni volta troviamo chi combatte una battaglia, magari quotidiana ma che alcune volte arriva al centro, come nella canzone H. 15 corteo, e si scontra con il potere. Tutte queste realtà con cui ci sentiamo solidali, influenzano i nostri testi».

Il disco guarda al futuro positivamente pure se il nemico è un sistema con una vita propria piuttosto che un singolo che rappresenta il potere: «Ciò non ci deve portare all’inazione, negli anni ’90 avevamo codici politici di comprensione che ci univano, dal 2000 al 2010 mi sono sforzato di comunicare con più persone possibili, credo che l’evoluzione dei movimenti in Italia debba partire da conflitti forti che accendano immaginari e mettano in collegamento ’’’mille gruppi che avanzano’, sennò si finisce per essere demotivati. I centri sociali fanno feste dell’occupazione dei vent’anni e dei trent’anni, chi in una società come questa dura così a lungo? Certo devono aprirsi ed evolversi, devono diventare intergenerazionali, aperti al quartiere e alla scuola, anche per arginare quell’anima nera che si affaccia in Italia quando si palesa la guerra fra poveri».

Militant parla di «Roma meticcia» nel suo libro Soli contro tutti, così come nella canzone Faremo scuola, però c’è stata Mafia capitale e ora l’amministrazione Raggi, con i luoghi dove sperimentare la socialità sempre più risicati, come se non esista un vero interesse della comunità: «La Roma meticcia che cantiamo è una sfida, un orizzonte difficile da raggiungere ma a cui dobbiamo avvicinarci con l’esperienza di essere cittadino. Nel disco c’è una ragazza che canta una melodia romena che si chiama Roxana (in Questo è uno spazio aperto, ndr), è arrivata qua ad otto anni e la prima volta che l’ho sentita cantare in un coro stavo per piangere, così le ho chiesto di collaborare. Il rap cosa può fare se non questo e raccontare storie sotto una bella luce?».