Il governo tira un sospiro di sollievo, visibile fuor di metafora sul volto del ministro per i Rapporti con il Parlamento D’Incà subito dopo l’approvazione del nuovo scostamento di bilancio di 25 mld con 170 voti a favore al Senato: «La maggioranza c’è». Di dubbi, in realtà, ce n’erano pochi. La suspence era quasi inesistente. Il pallottoliere della maggioranza contava 165 voti a favore più i senatori a vita Cattaneo e Monti, che in effetti ha ammesso in aula di approvare lo scostamento a malincuore per il peso che si aggiunge all’oberato debito pubblico. Alla fine di voti ne sono arrivati tre in più del previsto, segno che nell’ormai folto gruppo Misto i mal di pancia e i distinguo si arrestano sulla soglia di votazioni che mettono a rischio governo e legislatura.

L’opposizione, come si era impegnata a fare, è rimasta coesa e si è astenuta tutta. «Questa astensione è una mano tesa all’Italia», ha specificato il forzista Malan annunciandola e in realtà le bellicose premesse non sono state confermate dai fatti. Alla Camera, dove si votava lo stato d’emergenza, volavano gli stracci. Conte sferzava la destra per gli interventi del giorno prima al Senato: «E’ grave e falso parlare di atteggiamento liberticida del governo e creare confusione: non ci sarà nessun ritorno al lockdown».

Una Meloni degna di figurare nell’Esorcista gli rispondeva alzando ulteriormente i decibel: «Ma ci dite che cavolo state facendo? Siete dei pazzi irresponsabili». Tutt’altro clima al Senato. In mattinata, sul Sole24 Ore, era apparsa la lettera firmata da Salvini, Meloni e Tajani nella quale i tre leader della destra, attenti soprattutto a confermare la loro compattezza, avevano posto ufficialmente le loro condizioni per sostenere, come già fatto nelle due occasioni precedenti, il terzo scostamento in pochi mesi.

«Stavolta niente voti al buio» è la linea della destra, scottata dalla scarsa, anzi inesistente attenzione riservata dal governo alle loro proposte nonostante il voto decisivo per approvare lo scostamento di 55 mld per il dl Rilancio. I firmatari chiedono impegni precisi sulla proroga delle casse integrazione, sulla riduzione del 50% dei carichi fiscali per i datori di lavoro, sull’adeguamento delle pensioni di invalidità in base alla sentenza della Consulta. Gualtieri non li accontenta con impegni precisi, tanto che secondo FdI la sua risposta è del tutto insoddisfacente. In realtà su molti fronti, a partire dalle casse integrazione e dal rinvio delle scadenze fiscali, apre varchi e spiragli e il tono è forse il più conciliante che si sia sentito in Parlamento dall’inizio della crisi Covid.

Non si tratta solo di diplomazia. Il dl Agosto, a differenza del Rilancio, lascia in realtà pochi margini di azione. Le spese sono quasi tutte obbligate, se si vuole limitare il rischio della crisi sociale in settembre. Le urgenze sono imposte dalla realtà e le posizioni dei due schieramenti, pur se certo non identiche, non possono pertanto essere troppo distanti. Gli estremi per uno scontro al calor bianco come quello sullo stato d’emergenza, in questo caso, non sussistono.

Tuttavia proprio nella giornata rosea nella quale maggioranza e opposizione, se non dialogano, neppure si scannano e nella quale il governo incassa un sostegno molto ampio vengono poste le basi per giornate future che saranno molto meno facili. La mozione di maggioranza, firmata anche dal capogruppo dei 5S Perilli, è letteralmente farcita di riferimenti indiretti ma inequivocabili al Mes.

C’è l’impegno «a prevedere l’utilizzo, sulla base dell’interesse generale del Paese e dell’analisi dell’effettivo fabbisogno, degli strumenti già messi a disposizione dalla Ue». Poco oltre si parla del Piano di Rilancio, affermando che dovrà «porre le basi per l’utilizzo di tutte le risorse che saranno messe a disposizione nei prossimi mesi». Anche Gualtieri, del resto, aveva alluso, nel testo dedicato alle «Priorità politiche e sociali» a un conto di 32 mld necessari per le infrastrutture sanitarie. Si parla di Mes insomma, e neppure tanto tra le righe. Se me è accorto, con vivo disappunto, anche il M5S. Un attimo troppo tardi per intervenire sulla mozione e cambiare un testo che spalanca le porte al Mes.