Fino a ieri sera all’Aquarius non erano ancora arrivate comunicazioni ufficiali riguardo alla possibilità di poter raggiungere la Spagna con il suo carico di migranti. «Abbiamo saputo la notizia dai social, al momento però non abbiamo ancora una comunicazione ufficiale. Noi rispondiamo all’Mrcc di Roma (la sala operativa della Guardia costiera che coordina gli interventi, ndr) che ci ha comunicato le coordinate per questo soccorso. Quindi stiamo aspettando che Mrcc ci comunichi dove dirigerci e cosa fare», spiega da bordo dell’Aquarius Alessandro Porro, operatore della ong Sos Mediterranée. Ieri Malta ha rifornito la nave di acqua e viveri sufficienti però solo per un pranzo e una cena.

Come valutate quanto accaduto?
La mia domanda è come valutiamo che ci siano dei migranti che rischiano la vita in mare e la risposta è che è sempre e comunque scandaloso che questo accada. E questo è il motivo per cui siamo in mare. Per quanto riguarda la decisione del governo di chiudere i porti ritengo che sia una situazione un po’ al limite, ma questo è il mio parere personale.

Ritiene che situazioni come quella che avete vissuto possano ripetersi?
E’ successo una volta, sì, può succedere ancora e per questo c’è apprensione.

Vi aspettavate di essere bloccati?
No, in realtà il soccorso si è svolto in maniera del tutto regolare. Dopo i nostri due interventi, nei quali abbiamo tratto in salvo circa 200 persone, domenica mattina le navi della Guardia costiera e della Marina hanno trasferito a bordo altre 400 persone. Non c’era motivo di pensare che sarebbe successo quello che poi è successo. Da Mrcc di Roma abbiamo poi avuto la scelta tra due porti, Trapani e Messina. Data la nostra posizione Messina sarebbe stata un porto più comodo per cui ci siamo diretti verso nord. Non abbiamo avuto delle comunicazioni scritte di conferma ma solo telefoniche finché dopo aver superato di una ventina di miglia Malta abbiamo ricevuto l’ordine, questa volta scritto e firmato dall’Mrcc, di fermarci. Quindi dalle 21,30 di domenica siamo rimasti fermi a 27 miglia a nord di Malta e circa 35 a Sud dell’Italia.

Com’è ora la situazione a bordo?
Abbiamo 629 persone tra cui 88 donne, sette delle quali in stato di gravidanza. Inoltre ci sono cento minori non accompagnati, undici dei quali bambini molto piccoli. Le persone sono tranquille, abbastanza tranquille, per lo più sono stanche, spossate fisicamente. Ieri (domenica, ndr) hanno dormito quasi tutto il giorno e oggi al risveglio, vedendo al nave ferma, hanno cominciato a chiedersi dove eravamo, ci hanno chiesto se li avremmo riportati in Libia. C’è il rischio che la tensione aumenti. Bisogna considerare che la nostra nave è sufficientemente grande ma non è un traghetto, non offre spazi di confort e quindi anche la convivenza forzata tra venti nazionalità diverse, tra nordafricani e persone provenienti da resto del continente, può creare delle tensioni. Dal punto di vista sanitario non abbiamo casi che necessitano di un intervento immediato, però ci sono persone che sono disidratate, hanno ustioni da carburante e segni di violenze fisiche e delle torture subìte. Non dimentichiamo che cinquanta di queste hanno rischiato di annegare e avrebbero bisogno di un supporto psicologico.