I nuovi contagi annunciati ieri sono stati 4.458, il livello più alto da aprile. L’obiettivo è preservare l’agibilità degli ospedali e così si riutilizzano i Covid hotel, una soluzione sperimentata con successo durante la fase 1. In Emilia Romagna ad aprile hanno attivato 1.006 posti in strutture disseminate sul territorio, da Piacenza a Rimini, per chi non era in grado di effettuare la quarantena a casa senza infettare i familiari. Persone asintomatiche o con sintomi lievi, che quindi non richiedevano il ricovero. L’Ausl di Modena, ad esempio, nel periodo peggiore della pandemia ha avuto a disposizione l’Hotel Tiby (per circa 100 persone) in città e il Concordia, nella zona di San Possidonio verso il confine nord con la Lombardia, cioè nell’area più colpita dal virus. Quest’ultima struttura, di proprietà della coop Cpl Concordia, ha offerto ospitalità per circa 56 persone senza chiedere un compenso alla regione.

IN ESTATE il Covid ha allentato la presa, le stanze sono servite comunque per la quarantena di chi tornava da paesi a rischio. In totale, sono stati in 340 a utilizzare questa soluzione nel modenese. Attualmente è in funzione solo il Tiby con 42 ospiti in attesa di almeno due tamponi negativi. I controlli sono effettuati dal personale dell’Azienda sanitaria, (infermieri, fisioterapisti e terapisti della riabilitazione) tutti giorni dalle 8 alle 20. In Romagna sono disponibili ulteriori 100 posti.

NEL LAZIO la tariffa concordata con Federalberghi è stata di 30 euro più Iva a camera, con i servizi di pulizia e catering svolti dall’Asl. Nel momento di picco sono stati mobilitati circa 800 posti letto. In estate sono stati utilizzati per la quarantena dei turisti. Un’esperienza positiva è stata quella dell’hotel accanto al Covid center Columbus: circa 200 persone ospitate, liberando le corsie. Lo Spallanzani verifica l’idoneità degli alberghi, il pubblico si occupa anche della formazione del personale e di delineare i percorsi sporco-pulito.

Ogni regione però si regola a modo suo. In Lombardia ad aprile il tariffario per i Covid hotel recitava: 65 euro al giorno per alberghi a 3 stelle; 75 euro per i 4 stelle, più un rimborso per i servizi di ristorazione pari a 8 euro per la prima colazione, 20 euro per ogni pranzo o cena. In Veneto il bando prevedeva una distanza dell’albergo massimo di 20 chilometri dalla struttura sanitaria del territorio, «gli alberghi saranno utilizzati con la formula “vuoto per pieno” al prezzo provvisorio di 50 euro giornalieri per camera, compresi pasti e servizi». In Toscana l’Azienda sanitaria ha previsto una tariffa unica di 30,90 euro a stanza, pasti inclusi.

IL GARANTE NAZIONALE delle persone private della libertà, Mauro Palma, mercoledì è stato a Firenze in una delle sette strutture cittadine, inserite nel circuito «alberghi sanitari». Nelle stanze dell’hotel sono ospitati 44 positivi, solo due con sintomi lievi. Tra loro due donne incinte e una famiglia con figli. Ci sono poi tre ragazzi inglesi che erano in vacanza in Toscana quando sono risultati positivi: dal 28 agosto sono in isolamento nel Covid hotel fiorentino a tre stelle.

«Nelle stanze è ammesso solo il personale sanitario con le tute protettive – spiega Palma -. I pasti arrivano dall’Asl territoriale, proprio come le porzioni ospedaliere. Vengono lasciati su un tavolino davanti l’uscio di ogni stanza, dalla reception avvisano e gli occupanti li prendono. Quando hanno finito, viene tutto smaltito come in corsia. Hanno la Tv, il wi fi, possono fare acquisti on line o chiedere pacchi alle famiglie, ma qualsiasi cosa deve essere sanificata».

CHIUSI NELLA PROPRIA BOLLA, nessuno sa quando ne uscirà: «I primi giorni magari saranno sembrati rilassanti – prosegue Palma -, la realtà è che sei privato della libertà e non sai quando finirà. Ogni lunedì un tampone, il risultato martedì o mercoledì. Le stanze sono munite di balconi separati, con tavolino e sedie. Quando ho guardato in su ho visto la postura di chi era affacciato: le circostanze sono differenti ma sembravano comunque in carcere. Si tratta di un’inedita e ormai già consueta estensione delle forme di privazione della libertà su cui occorre vigilare, affinché la vulnerabilità individuale non determini una indebita compressione dei diritti».