Il blitz avviene nottetempo, in una zona della città non degradata e neanche popolare, a cavallo tra centro e periferia. A passeggiare oggi tra la Tuscolana e il bel parco di Tor Fiscale, pare quasi impossibile ricordare di quando Roma era una città fatta di baracche. E pensare che ancora alla metà degli anni Settanta 830 mila persone, un terzo degli abitanti della capitale, viveva dentro mura costruite abusivamente. Proprio attorno all’antico Acquedotto Felice – dove prima che sorgesse l’alba si sono presentati 600 agenti di polizia e 20 automezzi blindati per sgomberare e sequestrare alcune ville appartenenti al clan dei Casamonica – sorgeva una città di lamiera e abitazioni di fortuna. Qui anche allora vivevano i Casamonica.

È IN QUEL PERIODO, negli anni Settanta del secolo scorso, che la famiglia di origine sinti dei Casamonica si trasferisce dall’Abruzzo nella capitale. La storia parrebbe analoga a quella dei tanti altri arrivati a ridosso delle mura della città storica e costretti a vivere nello slum della borgata. C’era il popolo dell’abisso dei baraccati e c’era il resto della città.

All’Acquedotto Felice in quegli anni Luigi Comencini scelse di ambientare Lo scopone scientifico. Nel film, lo straccivendolo Alberto Sordi e la di lui consorte Silvana Mangano si spostano a bordo di un’Ape smarmittata per raggiungere la villa della «vecchia», una ricca Bette Davis, sedersi al tavolo verde e giocare d’azzardo con le carte napoletane. «Tutta la storia di Roma è la storia della spinta centrifuga di chi sta meglio contro chi sta peggio», diceva Giorgio Caproni. Comencini rappresenta quella distanza, enorme e al tempo stesso ridotta, tra le due città attraverso il viaggio a bordo del treruote che conduce la coppia di sottoproletari dalle baracche fino alla villa di lusso dove abita l’anziana ludopatica alla quale Sordi spera di «portare via tutto».

La storia dei Casamonica si muove in questo spazio, assomma nello stesso luogo quelle due tipologie abitative: non c’è bisogno neanche di spostarsi perché basta qualche lustro e le baracche diventano ville di lusso. Questa trasformazione costituisce una trama alternativa, un esito parallelo di quel conflitto, un altro modo per arraffare il bottino. «Noi abitiamo qui da cinquant’anni», urlavano ieri notte i membri della famiglia ai giornalisti, come se le loro zucche diroccate si fossero trasformate in lussuose carrozze per magia alla stessa maniera in cui l’incoscienza sottoproletaria e l’arroganza aristocratica si sono mescolate nel giro di qualche decennio.

IL FALDONE DI QUASI MILLE pagine con le ordinanze di arresto dell’inchiesta di Mafia Capitale prendeva le mosse dalla mitopoiesi della Banda della Magliana. Nelle prime pagine delle carte si citava la forza evocativa, la narrazione diremmo oggi, del sodalizio criminale che qualsiasi pesce piccolo di qualsiasi bar di periferia a Roma ad un certo punto si vanta con ogni avventore di aver frequentato. Quel Romanzo Criminale, epopea ellroyana e italianissima al tempo stesso, è stato divulgato in forma di fiction dal magistrato Giancarlo De Cataldo. Il suo libro, secondo altri magistrati colleghi di De Cataldo, ha alimentato il mito dell’invincibile Massimo Carminati, incrementandone il capitale sociale da spendere negli affari loschi.

Anche il nome dei Casamonica circola da tempo a mezza bocca tra i coatti di periferia e nelle brevi di cronaca romana. Solo che fino a poco tempo fa finiva sempre fuori dai radar delle grandi inchieste giudiziarie. Ricostruendo la storia delle reti criminali di Roma, il sociologo delle mafie Vittorio Martone ricorda di quando, solo qualche anno addietro, questa ampia rete familiare che «sistematizza il metodo delle piazze di spaccio in diversi quartieri della città» venne derubricata da un magistrato romano come «banda radicata sul territorio che non ha, però, la struttura verticistica e la capacità di affiliazione delle organizzazioni criminali mafiose».

Si capisce che il clima cambia nel 2015: al funerale di Vittorio Casamonica compare una banda che suona la colonna sonora del Padrino, Rolls Royce, cavalli e un elicottero che lancia sulla chiesa di don Bosco petali di rosa.

L’ostentazione di potere crea polemiche e mette la famiglia che conta circa mille affiliati sotto i riflettori. In una recente relazione della Direzione investigativa antimafia si segnalano, nel Lazio e a Roma, «diverse formazioni criminali ben strutturate». Assieme ai Di Silvio, agli Spada e ai Fasciani compare il nome dei Casamonica e si tracciano alleanze con mafia, camorra e ‘nrangheta. Nella città che fa da camera di compensazione tra diverse organizzazioni, e dove quindi non esiste un gruppo dominante, i Casamonica si segnalerebbero per usura, estorsioni, traffico di droga e per il riciclaggio di capitali. Risale a poco più di un anno fa la confisca di varie auto di lusso e di una villa e terreni in provincia di Roma. Poi scattano i sigilli su 430 beni per un valore di oltre 4 milioni di euro.

Particolari delle villette sequestrate ai Casamonica, Foto LaPresse

LE VILLE DEI CASAMONICA rappresentano il mutamento e la crescita di un’economia criminale che dalla bassa manovalanza e la semplice fedeltà al clan familiare è passata a volumi di affari imponenti.

«È un giorno storico», spiega soddisfatta Virginia Raggi che fin dalle prime ore del mattino si presenta in via del Quadraro. «Alcune case avevano persino inglobato interi tratti dello storico acquedotto romano», prosegue la sindaca per denunciare l’abuso per eccellenza. Ma questa particolarità edificatoria deriva proprio dal modo in cui le baracche venivano erette. Ancora oggi, passeggiando lungo il Mandrione, le strisce di mattonelle lungo le colonne romane consentono di riconoscere il modo in cui le mura portanti delle baracche si appoggiavano alla via dell’acqua romana.

Lo slum diventa villa, la stamberga si trasforma negli anni fino a diventare una residenza di lusso e cattivo gusto, con tigri di porcellana, carrozze di cartapesta, secchielli argentati per le bollicine, calici smeraldo, porte imbottite di Swarovski e troni dorati. La Suburra delle serie tv prende forma dentro gli otto villini sequestrati nottetempo dalla sindaca e dal ministro Matteo Salvini, che non si lascia sfuggire il set televisivo e promette di tornare a bordo di una ruspa, quando scatteranno le demolizione vere e proprie.