Nel 2015 Daniel Nijensohn pubblica un articolo sulla Neurosurgical Focus, in cui sostiene l’ipotesi che Eva Perón sia stata sottoposta nel 1952 ad un intervento di lobotomia prefrontale. Da questa circostanza prende spunto Giovanni De Plato per costruire Il mistero di Evita (Chiarelettere, pp. 192, euro 16). Il romanzo segue il fulmineo percorso che porta all’ascesa e caduta di una donna reale e leggendaria per la storia argentina. Per capire il mistero, l’autore dà voce, come in una pièce di teatro, a tre personaggi che narrano in prima persona le proprie vicende, si tratta di Perón, Evita e Carlos Maiorino, quest’ultimo un dirigente sindacale vicino alle posizioni di Evita. Una domanda sarà il filo conduttore dell’opera: perché incallirsi su un corpo che dava ormai chiari segni di essere nella fase terminale? Ma andiamo con ordine.

MARIA EVA DUARTE, moglie di Juan Domingo Perón, presidente dell’Argentina dal 1946 al 1955, sarà Eva Perón e diventerà semplicemente Evita. Dietro il personaggio c’è una donna vera, impegnata e coraggiosa, con una vita breve e intensa, morirà a soli 32 anni. Per i romanzi che parlano di lei la storia conta poco, la biografia spesso lascia il posto al mito. Dalle decine di libri al film di Alan Parker con Madonna nel ruolo di Evita passando per il musical con le melodie di Andrew Lloyd Webber, più volte manipolata e stereotipata Evita rimane una figura di fronte alla quale si deve prendere posizione.

Allora partiamo, siamo a metà degli anni ’40 ed è proprio qui che prende sempre più corpo la figura del colonnello Perón, ministro del Lavoro del governo militare di Edelmiro Farrel: il ruolo gli consentirà di introdurre nel Paese nuove politiche sociali ed espandere i diritti del lavoratori. Evita, intanto, dal nulla, si fa voce di successo alla radio, diventa sindacalista degli attori e in una riunione conosce Perón. Poco dopo si ritrovano e nasce l’amore. Catapultato dalle riforme Perón diventa molto popolare, troppo per gli stessi militari che alla fine ottengono le sue dimissioni. Perón sarà arrestato e confinato nel penale di Martín García, un’isola di fronte a Buenos Aires.

FORSE È QUESTO il punto di partenza del peronismo. Una sfida. Evita, che è diventata da poco sua moglie, organizza la mobilitazione popolare con i sindacati. Il 17 ottobre del 1945 si dichiara lo sciopero generale e la Plaza de Mayo si riempie di una moltitudine che reclama la scarcerazione del loro leader. L’oligarchia parla di un’«alluvione zoologica» di bruti che si lavano i piedi nella fontana della piazza. In realtà sono i diseredati, «un movimento di operai, braccianti e disoccupati – spiega Giovanni De Plato – tutta gente che possedeva solo la propria consunta camicia», saranno chiamati i descamisados perché circolavano a torso nudo sfidando le buone maniere: «era la rivoluzione dei poveri cristi».

I MILITARI non riescono a contenere la piazza e dopo solo quattro ore, a quasi mezzanotte dello stesso 17 ottobre, Perón esce vittorioso e dal balcone della casa di governo saluta i tanti che lo attendono. Lui diventa l’indiscusso leader, uomo politico, ma lei è il popolo in subbuglio, incarna la passione e il legame con gli operai. Subito dopo, alle elezioni del 24 febbraio 1946 Perón s’impone con il 52% dei voti. Una maggioranza che gli consentirà di attuare politiche keynesiane e promuovere rivendicazioni sociali finora assenti in Argentina.

A Evita sta stretto il ruolo di prima dama, passa l’intera giornata a risolvere i problemi dei più deboli. Darà battaglia politica e nel 1947 otterrà il voto delle donne. È amata da milioni di persone, al suo passo le folle la acclamano, diventa perfino «Santa Evita». Amata ma anche odiata, l’Argentina in quegli anni è un paese molto ricco, con una oligarchia latifondista consolidata nel potere, affiancata dalla chiesa e dalle forze armate. Un’alleanza monolitica che non ammette proteste, reclami, né riconoscimenti di nuovi diritti.

Questo «populismo» si incarna occupando la piazza, gli operai torneranno più volte, ogni volta che lo riterranno opportuno. Anche le ronde delle Madres de Plaza de Mayo hanno scelto di rimanere per sempre in questa piazza. Il peronismo è un movimento difficile da definire, inutile tentare di sistemarlo nelle strette maglie delle categorie ideologiche, una tendenza purtroppo ricorrente che porta a non capire la specificità di un fenomeno che tuttora perdura, vince elezioni, governa e perfino si esprime attraverso Papa Francesco.
Peronismo o antiperonismo, sinistra o destra, progressismo o fascismo, nazionalismo o antiimperialismo, populismo di destra o di sinistra, si può andare avanti con il mito di Evita e perfino chiedere la sua beatificazione. Il peronismo è però un fatto che rimane, si affaccia nei movimenti rivoluzionari degli anni ’70 con l’Evita Montonera e ancora oggi nella classe operaia che maggioritariamente si riconosce in questa parola.

SI DICE CHE L’ARGENTINA è un Paese impossibile. Difficile da capire. Molti sono i motivi che lo rendono raro e unico, sicuramente il grande miscuglio di culture che lo popolano e tra questi ci siamo noi: i milioni di emigrati italiani che hanno dato vita a questa società multietnica, scontrosa e passionale. Evita, il peronismo e l’antiperonismo sfegatato. Come noi, un Paese troppo spesso diviso da interessi contrapposti che hanno generato anche risposte tragiche, come il terrorismo di Stato della dittatura di Jorge Videla, che ha lasciato migliaia di morti, desaparecidos, esuli e cicatrici difficili da rimarginare.