Anticipa ormai da qualche anno la Mostra di Venezia il premio «Bookciak, Azione!» ospitato dai Venice Days, una sorta di camera di decompressione per entrare nel clima del festival con un assaggio di giovani leve. Il premio che lega il cinema alla letteratura, diretto da Gabriella Gallozzi ha una giuria composta da Wilma Labate, Teresa Marchesi e Gianluca Arcopinto, presidente di giuria Ascanio Celestini. Sono stati scelti per trarne ispirazione, i libri: Il silenzio del lottatore di Rossella Milone (minimum fax), Neve, cane piede di Claudio Morandini (Exorma), Tu non tacere di Fulvio Ervas (MarcosY Marcos) e sono stati premiati tre «bookciak movies» della durata massima tre minuti: scene oniriche composte con una ritmica spiritosa è lo svolgimento di Vorago di Rosa Maietta, Alessandro Padovani ha rievocato i racconti del nonno sulla guerra accostandoli alle pagine di Morandini in Haapar, Denise Daquì racconta lo struggente riepilogo della vecchiaia da Ervas in Tu non tacere. In più sono state assegnate due menzioni a Luca Mazzara e Alessandro Asciutto.

Ma è proprio così necessario il legame di un film con la letteratura? (oltre che per avere prosaicamente un punteggio ministeriale, ci viene da pensare). Ascanio Celestini risponde saggiamente che è più importante del libro da cui trarre ispirazione, il fatto che un regista sia un lettore attento. Lui si aspettava di vedere video girati come clip, vista la giovane età dei registi e invece si è trovato di fronte a un linguaggio più maturo, coltivato dal cinema internazionale e da varie esperienze formative all’estero. «Pensavo che avrei visto clip musicali o più antropologici, meno personali e comunque non così curati». Ma a quando il tuo prossimo film? «Non mi sono ancora ripreso dal precedente, troppa fatica oltre al fatto che non è stato neanche tanto in sala a causa di una distribuizione debole».

Ed arriviamo a parlare di libri preferiti da cui trarre un film («quando lessi Gomorra pensai che non si poteva farne un film») e comincia a raccontare uno strepitoso Pinocchio da ascoltare come stando a teatro, con tutti i personaggi più dimenticati, le api operose, il serpente a testa in giù, la bambina morta che non apre la porta. «Non si potrebbe neanche fare un film con un burattino, neanche fare una storia che finiva con una bambina morta (poi Collodi fu costretto a continuare a scrivere), ma ognuno lo fa in maniera diversa, Comencini stravolse il libro,lo fece diventare un bambino vero, ora ne farà un film Matteo Garrone». Intanto lui – sarebbe bella la sua versione – ha debuttato con lo spettacolo Laika di cui sta curando anche la versione francese, parte di una trilogia che sarà in scena in Francia tra gennaio e febbraio del prossimo anno.